San Giusto Canavese e le guerre di indipendenza nazionale

Le guerre di indipendenza nazionale, Dal 1900 alla I" guerra mondiale...

Descrizione

"SAN GIUSTO CANAVESE" E LE GUERRE DI INDIPENDENZA NAZIONALE

Dalla caduta di Napoleone (1815) all'avvento al trono sabaudo di Re Carlo Alberto l'idea liberale di un risorgimento politico non era apparsa guidata dalla monarchia. Solo negli anni successivi Carlo Alberto appare sempre più l'assertore di una attivita riformatrice, culminata nella concessione dello Statuto (1848) e nella dichiarazione della prima guerra di indipendenza contro l' Austria (1848/49).
Nel decennio che va dal 1849 al 1859, che si suole definire di preparazione, l'idea di uno Stato unitario, indipendente dallo straniero, compie il grande passo.
L'iniziativa e piemontese; la politica sabauda e decisamente liberale; Vittorio Emanuele II eredita il programma Albertino e, sulla spinta dell'azione di Cavour, da Torino parte la rivoluzione di unificazione dello Stato Italiano.
Dal 1848 al 1918 corre un periodo di 70 anni di guerre (Quattro guerre di indipendenza nazionale: 1848-49, 1859, 1866, 1915-18), che hanno coinvolto e turbato la popolazione di S. Giusto.
II primo teatro di guerra era troppo vicino al paese, perche gli abitanti non fossero distolti dalla loro diurna fatica nei campi.
L'eco della "fatal Novara" sconvolse le tranquille abitudini. il passaggio delle truppe destò gli spiriti guerrieri. Nel 1849, dice il Bertolotti, per un giomo e una notte la divisione comandata dal generale Giovanni Durando, comandante in capo dell'esercito pontificio inviato da Pio IX a sostegno del Piemonte contro l'Austria, bivacco nel Gerbo Grande, al centro dell'abitato. Le tende militari, rizzate attorno a quella più alta del Generale dovevano presentare ai Paesani un bellissimo colpo di vista. La gente guardava con curiosita, e commentava.
L'accampamento e gli animosi soldati, vestiti con foggia diversa da quelli piemontesi, meritarono la visita del valoroso Duca Ferdinando di Genova, il padre della futura Regina Margherita. Poi Pio IX richiamo le sue truppe. Quella prima guerra fini in un disastro. Ma lo spirito di rivincita, covato ed alimentato in un decennio di preparazione, porto finalmente alle strepitose vittorie della guerra del 1859.
Quanti concittadini varcarono allora il Ticino per dilagare nella liberata e conquistata Lombardia?
II citato Bertolotti dice soltanto che "i Sangiustesi si dimostrarono buoni soldati": l'affermazione si riferisce evidentemente ai tempi anteriori alla pubblicazione della sua Storia, che e del 1868; e, cioe, genericamente alle precedenti tre guerre di indipendenza del 1849, 1859, 1866. Questo afferma, "non per vanagloria, ma coscienziosamente; ed e prova alle parole l'aver avuto molti di loro onorifici gradi, medaglie e croci. Per esempio, il Signor Petrini Giorgio fu Commissario di guerra di prima classe, decorato della croce di ufficiale dei S.S. Maurizio e Lazzaro, ed il nipote suo Cay. Carlo Giuseppe Petrini fu gia Maggiore di fanteria. Un altro nipote sempre del suddetto, Signor Carlo Petrini, e distinto Maggiore di fanteria, che/ece tutte le nostre campagne d'Italia, riportandone medaglia d'argento al valore militare e la croce dei S.S. Maurizio e Lazzaro.
Un Signor Boggio Francesco, Capitano di cavalleria, ebbe la medaglia d'argento al valor militare; un Serazio Giovanni fu Capitano nel Corpo Real Navi: ed ora sono tutt'e due giubilati. Vive ancora un residuo della Grande Armata napoleonica, il soldato Gioannini Antonio, monco del braccio sinistro in seguito a ferita riportata alla battaglia di Vagram (Austria), per cui ne ebbe pensione vitalizia" .
II Capitano Boggio Francesco, dopo la terza guerra di indipendenza nel1866, fu alla testa del Comune per più anni (II 1869, 1875, 1876 portano la sua firma); il che significa che il valor militare in S. Giusto riscuoteva il riconoscimento e la stima della popolazione.
E vero che in origine il Sindaco era, in tutti i Comuni, di nomina regia, ma era pur sempre scelto tra i Consiglieri Comunali eletti dagli abitanti del posto. Soltanto con la riforma della legge comunale e provinciale del 1898 fu abolita la nomina regia e il principio del Sindaco elettivo fu esteso a tutti i Comuni del Regno. Esso durava in carica quattro anni ed era sempre rieleggibile, purche conservasse la qualita di Consigliere Comunale.
Ma prima, a partire dal primo Sindaco di S. Giusto, dal 1778 (Giacomo Ozzello) al1898, in 120 anni di amministrazione comunale, i Sindaci si alternano tanto rapidamente (anteriormente allo Statuto Albertino del 1848 duravano in carica solo sei mesi), che non avevano neppure il tempo di lasciare traccia del loro pubblico servizio, e tanto meno di impostare una programmazione amministrativa a lungo termine. I documenti d'archivio non sono in grado di restituirci nemmeno il nome di tutti i Sindaci che si sono avvicendati (prima due, poi uno all'anno) nel primo secolo di storia comunale.
Una maggiore continuita amministrativa si verifica dopo il compimento dell'unita nazionale. La stabilita politica si riflette anche nella stabilita delle persone che vengono preposte alIa cosa pubblica, proprio a partire da quel valoroso Capitano di cavalleria che fu Boggio Francesco, reduce dalIe guerre d'indipendenza.
I Sindaci che lo seguirono al governo del Comune sono:
Gatto Michele (dal 1878 al 1885) Bassi Domenico (dal 1886 al 1888) Castellano Giuseppe (dal 1889 al 1891) Simondi Antonio (dal 1892 al 1894) Cay. Bassi Cesare (1895) Bertot Pietro (1896) Tapparo Domenico (dal 1897 al 1899)

DAL 1900 ALLA I" GUERRA MONDIALE

L'alba del nuovo secolo sorse piena di pericolose minacce che sembravano circondare il giovane Regno d'Italia. Ne11878 era morto Vittorio Emanuele II, Re doppiamente "galantuomo" per i Sangiustesi, perche all'indomani della proclamazione di Roma capitale d'Italia, aveva accordato al Comune con un proprio decreto del 1862 di chiamarsi "SAN GIUSTO CANAVESE" (Un successivo documento d'archivio richiama la Civica Amministrazione a far uso, almeno negli atti ufficiali, del nome intero "SAN GIUSTO CANAVESE", non abbreviato "S. GIUSTO CANAVESE", e cio per evitare confusioni).
Il nuovo sovrano Umberto I non si dimostrava favorevole a governi più schiettamente liberali.
E dopo il disastro di Adua (1896), che chiuse con una disfatta la prima avventura coloniale italiana in terra africana, la monarchia non era piu oggetto di riverenza. L'opinione pubblica della nazione si distacco dal sovrano e dai suoi governi. Maturo cosi un clima di attentati; finche il Re venne colpito a morte da tre colpi di pistola a Monza, mentre tornava da una festa scolastica, nello stesso 1900.
Dopo la morte di Umberto, Rimpianto ma non compianto, seguirono anni di agitazione negli animi e da tutte le parti del mondo. il nuovo attentato di Serajevo del 1914, che era costato la vita all' Arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono imperiale d'Austria-Ungheria, diede il pretesto all'Austria per scatenare un terremoto dalle proporzioni mondiali. Una dopo l'altra le potenze europee scesero in campo. Anche l'Italia il 24 maggio 1915 si getto nel conflitto per guadagnarsi quei compensi territoriali che avrebbero unito alIa patria le terre di Trento e Trieste ancora irredente. Discorsi patriottici, improntati alIa retorica nazionale, spinsero i combattenti al fronte, volontari o mobilitati. Anche tutti i Sangiustesi atti alle armi furono reclutati; persino i giovanissimi del '99, nel fiore degli anni.
Le famiglie si sentivano unite ai loro soldati.
Dapprima le notizie che giungevano dal fronte sembravano buone; i soldati erano veramente magnifici e anche la nazione si comportava in modo ammirevole.
Poi si contarono a migliaia i feriti, a migliaia i morti, che salirono a seicentomila.
Con la disfatta di Caporetto un'ondata di paura attraverso tutti i paesi.
La comunita di S. Giusto comincio a contare i suoi morti: il numero era incerto, perch6 molti figuravano dispersi. Dopo anni di logorante guerra di trincea, finalmente l'avanzata vittoriosa di Vittorio Veneto. La patria saluto con l'entusiasmo la vittoria de14 novembre 1918, che coronava le guerre di indipendenza nazionale; ma in oltre quarantafamiglie di San Giusto si era verificato un vuoto incolmabile. Non era tornato il marito o il figlio combattente.
I primi cinque "Caduti" di S. Giusto, tutti giovanissimi si ebbero gia nel 1915 (Cerutti Giorgio, 22 anni, disperso in un combattimento; Gatto Antonio, 29 anni, ucciso da una pallottola di fucile in trincea; Ellena Giuseppe, morto a 21 anni in ospedale; Gioga Carlo Giusto, colpito da arma da fuoco suI Montenero a 22 anni; Ellena Bartolomeo, dichiarato disperso nel 1915, non figura neppure nell'elenco ufficiale). La Civica Amministrazione visse quegli anni tragici con le stesse preoccupazioni delle famiglie. II Sindaco presento le dimissioni dalla carica perch6, essendogli stato chiamato il figlio al fronte, doveva attendere alIa coltivazione dei campi anche per l'assente, e non aveva più tempo da dedicare alla cosa pubblica. Ancora nel 1921, il Sindaco Defilippi Giusto si preoccupava di sapere con esattezza il numero dei morti e pubblicava il primo elenco ufficiale, con l'avvertenza: "qual ora sia stato omesso il nome di qualche Caduto, la Famiglia potra denun ciarlo in Municipio".
Gli atti d'archivio presentano i segni di un laborioso sforzo di documentazione per arrivare alIa stesura di un elenco completo e definitivo. L'elenco risulto ufficialmente di 40 Caduti; ma, come s'e visto, non vi figurano tutti coloro che, partiti per il fronte, non fecero ritorno. Mancano, evidentemente, i dispersi, di cui non si seppe più nulla. L'immagine dei Caduti, ancora davanti agli occhi viva e palpitante come quando essi erano in mezzo ai concittadini, esigeva dal Comune un omaggio alIa loro gloriosa memoria; un tributo di gloria era doveroso verso coloro che avevano sacrificato la giovinezza perchè la patria cantasse vittoria. Si costitui un Comitato per l'erezione di una lapide-ricordo. Ma dove affiggerla? In qualche localita centrale del paese oppure, come volevano le famiglie dei Caduti, nel cimitero? II Sottoprefetto, a cui le famiglie avevano fatto ricorso, suggeri al Sindaco di assecondare il desidero della maggioranza della popolazione e delle famiglie dei Caduti, per cui il Consiglio Comunale, appositamente convocato dal Sindaco Defilippi, i131/7 /1921 delibero all'unanimita di convocare in apposita adunanza le famiglie dei Caduti perch6 esse decidessero la localita prescelta per la posa della lapide.
La lapide fu posta sulla facciata del Municipio, perch6 risultasse alIa vista e al rispetto di tutta la cittadinanza.

Dalla lapide del Municipio:
ELENCO UFFICIALE DEI 40 CADUTI NELLA PRIMA GUERRA MONDIALE 1915-18
1886 ACTIS ALESINA
1897 BERTETTO ANTONIO
1893 BOGGIO ANTONIO
1899 BOGGIO BARTOLOMEO
1894 CAPPO MARTINO
1893 CERUTTI GIORGIO
1899 DEFILIPPI ANTONIO FRANCESCO
1888 DEFILIPPI ANTONIO DI ANTONIO
1894 ELLENA GIUSEPPE
1886 ENRICO GIOVANNI BATTISTA
1894 FIORINA ANTONIO
1878 FIORINA GIACOMO
1884 FIORINA LORENZO
1883 GALLINA TTI ALBERTO
1886 GA ITO ANTONIO
1886 GA ITO GIOVANNI
1899 GENTA CARLO
1899 GIOANNINI FRANCESCO
1885 GIOANNINI BATTISTA
1893 GIOGA CARLO GIUSTO
1899 MARCO ANTONIO
1893 PETRINI CARLO
1894 PETRINI GIUSTO
1890 PUGNO GIOVANNI BATTISTA
1894 REGIS DOMENICO FU DOMENICO
1899 REGIS DOMENICO DI DOMENICO
1894 REGIS STEFANO
1893 ROLFO GIUSEPPE
1890 ROMANA CARLO
1896 ROMANA GIUSEPPE
1884 SANSOE GIUSTO
1889 SERAZIO DOMENICO
1897 SUCCA LODOVICO
1894 TAPPARO CARLO
1896 TAPP ARO GIACOMO
1896 TONSO GIACOMO
1894 VERCELLI PIETRO
1892 VERCELLI LUIGI
1887 VERGA GIOVANNI
1880 VERGA PIETRO
Le due lunghe file di nomi dei nostri Caduti, incise sul marmo, sono la testimonianza ai posteri di una orribile guerra, passata come una visione di sangue severamente ammonitrice. Ogni paese addita ai lontani nipoti l'elenco dei suoi morti per la patria. Alia loro imperitura memoria sono stati eretti monumenti e sacrari, oggetto di pubbliche manifestazioni e celebrazioni. Ogni anno l'anniversario della Vittoria de14 novembre 1918 continua ad essere ricordato. Poeti, oratori e scrittori cantano le memorande gesta di eroismo compiute in quella guerra. Ma la voce d'oltre tomba, l'eco dei pianti delle madri e delle spose, il riconoscimento dei cognomi di famiglia e dei nomi dei propri avi, fanno ancora oggi trasalire le nuove generazioni.

L'AVVENTO DEL FASCISMO

Era terminata una guerra vittoriosa, e vero; ma a Quale prezzo? Definita una "inutile strage" e considerata come il completamento del nostro Risorgimento, aveva avuto dissensi e contrasti. Ii dopoguerra trovò l'Italia con i confini unificati, ma con gli spiriti e gli animi divisi fino alia lacerazione. Gravi problemi economici e sociali venivano alla ribalta. Nei conflitti inevitabili che si instaurarono, si inseri il movimento fascista con le sue squadre d'azione, che davano la parola alle bombe, al manganello e all'olio di ricino, invocando il patriottismo e la restaurazione dell'ordine. Nel 1922 una lunga serie di violenze fu perpetrata in tutto il Piemonte dalle squadre nere. S. Giusto non rimase escluso, perche a suon di manganello qualcuno fu costretto a trangugiare la sua dose di olio. I più stavano a guardare, come quando, in gran corteo di sfegatati, nel 1922 si voleva costringere il Sindaco Defilippi Giusto a bere la sua pozione di olio di ricino. Un conoscente allora si oppose quando si avvide che la persona non era tale da meritare quell'affronto.
La violenza Ii poneva a tacere, se non volevano essere eliminati. La sopraffazione apri la via all'esilio a quei pochi illuminati che denunziarono il pericolo e la via al potere al partite fascista, che nel 1925 divenne il partite unico guidato da Benito Mussolini, nuovo incontrastato capo del governo fino al 25 luglio 1943.
Ritorno l'ordine: i treni viaggiavano, i tram circolavano, non c'erano più scioperi; tutto filava secondo la volonta di uno che pensava per tutti. Per oltre vent'anni il cittadino venne considerato in funzione delle Stato autoritario e dittatoriale; non lo Stato in funzione dell'uomo.
Il mito dell a potenza aveva incantato quasi tutti, anche fuori d'Italia, se lo stesso statista Winston Churchill, capo del governo inglese, definiva Mussolini "il più grande legislatore vivente" (1933).
A S. Giusto le cose andavano come altrove.
L'ultimo Sindaco prefascista, Gioannini Carlo, eletto nel 1923, dovette dar le dimissioni nel 1926, per lasciare il posta al nuovo capo del Comune, imposto dal Fascismo, l'A vv. Notaio Guglielmini Federico. Gli succedettero nel 1930 il Geom. Gilaudo Matteo; nel 1932 il Maresciallo Boggio Antonio (prima Quale Commissario Prefettizio, poi, dal 1933 al 1937, Quale Podesta); e infine Gioannini Domenico (anch'egli Commissario Prefettizio nel 1937 e Podesta dal 1938 al 1945).
La paura, l'amore del quieto vivere, a volte il bisogno, l'esigenza di sopravvivere, avevano indotto i Sangiustesi, anche coloro che pur avevano dissentito contrastando e subendo la sopraffazione fascista, ad accettare quella che veniva definita, sussurrando sottovoce e sospirando, la tessera del pane. Passera, si diceva.
I discorsi degli scontenti, degli illusi, dei nostalgici, si facevano in privato. Che cosa man cava? Mancavano solo due beni, ma i più essenziali alla vita: la liberta nella giustizia e la democrazia; beni, la cui mancanza non sentivano i giovani, intruppati per gradi di eta nelle nuove organizzazioni dei "Figli della Lupa" (i bambini), dei "Balilla" e delle "Piccole Italiane" (elementari), dei "Moschettieri", degli "Avanguardisti", dei "Giovani Fascisti" (premilitari), ecc.
Il nuovo credo: "Libro e moschetto, fascista perfetto" (scritto a caratteri cubitali sui muri delle case, insieme ad altre frasi famose del "Duce", che ancora si intravedono su alcune case di S. Giusto).
Tutti venivano costretti a indossare pittoresche ed ammirate divise; amministratori pubblici e persino i maestri dovevano portare la divisa d'ordinanza, su cui spiccava la camicia nera e il "fez" negli uomini, e la camicetta bianca, con cravattina e gonna nere, nelle donne. Le occasioni per fare sfoggio di tante divise si moltiplicavano. S. Giusto non puo dimenticare le parate, i saggi ginnici, le adunate, le marce, le sfilate per le strade al canto degli inni della nuova "Era Fascista".
Erano canti di giovinezza, che nei giovani, ignari della politica e succubi dei dettami del nuovo Ministro dell'Educazione Nazionale (non più Ministero della Pubblica Istruzione), suscitavano un vero ed innegabile entusiasmo, favorito e incentivato da continue premiazioni e medaglie, manifestazioni e celebrazioni patriottiche.
Gli anziani, lentamente, quasi senza avvertire la gravita, insensibilmente, esprimevano un consenso, non importa se più o meno formale; era una automatica se non convinta, acquiescenza all' instaurata dittatura.
Questa e la verita storica. Solo gli spiriti forti, rinchiusi nelle galere per aperta opposizione al Fascismo, pagarono lo scotto del totalitarismo.
Ci vollero vent'anni, e l'occasione di una guerra perduta, perche quel latente pensiero antifascista, serpeggiante negli iscritti e nell'insegnamento dei migliori intelletti, potesse finalmente esplodere in una aperta ribellione all'imperante conformismo. Prima, no.
A S. Giusto, terminata la "Grande Guerra" (1915-1918), e tutto un fervore di opere. Sembra quasi che la vita voglia riprendersi il tempo perduto. Sono tornati dal fronte i superstiti; bisogna rinserrare i ranghi per colmare i vuoti; ricostruire le famiglie (pochissimi sono i nati di guerra) e provvedere alle nuove necessita pubbliche, che qui sinteticamente e cronologicamente valla pena di ricordare:

CRONOLOGIA

1918-1919 (SINDACO SANSOE DOMENICO)
- Impianto di illuminazione elettrica (< 1920-1923 (SINDACO DEFILIPPI GIUSTO)
- Vendita della ghiacciaia comunale diventata inservibile ed infruttuosa (era situata all'inizio di Viale Malpiardo, dietro la casa Vercelli, quella che costruita ne11852, ospita per lungo tempo le scuole elementari femminili. Oggi il sito della ghiacciaia appare ancora nettamente indicato dalla rimasta insenatura del Viale al n. 4, e fa parte integrante della proprieta Vercelli).
- Impianto di una fontana pubblica nella Piazza centrale ad uso degli abitanti e dei viandanti "che numerosissimi vi transitano" (presso il crocicchio della strada provinciale per Chivasso). Spesa totale L. 4541,50. Dopo qualche mese (11/6/1922): "Con grande soddisfazione della popolazione funziona ottimamente la fontana pubblica teste eretta" . - Istituzione di un Corso Popolare, con invito al Comune di provvedere il locale adatto per la classe 5a e 6a elementare. (< - Viale della Rimembranza.
Si delibera che sia all'uopo destinata la nuova allea del Berchetto latistante all'Asilo, denominandola "Viale dei Caduti".
- Impianti di termosifoni per il riscaldamento dei locali scolastici (< - Adattamento dei locali dell'edificio scolastico al fabbisogno obbligatorio di n. 8 aule: aggiunte aule supplementari, dimezzando quelle troppo ampie, fino a ricavare 8 aule nella stesso edificio. - Ampliamento del cimitero per la concessione di nuove aree ad uso tombe di famiglia.
1923-1926 (SINDACO GIOANNINI CARLO)
- Contributo comunale di L. 25 per l'erezione a Torino del Monumento al Carabiniere Reale (< - Conferimento della cittadinanza onoraria a S.E. Benito Mussolini (< - Provvedimenti per il restauro del tetto della Chiesa Parrocchiale e della Casa Comunale. - Inaugurazione del Viale dei Caduti e benedizione delle bandiere.
- Contributo Comunale di L. 100 per l'erezione del Monumento-Ossario suI Monte Grappa. - Servizio di vettura alla stazione ferroviaria di S. Benigno.
Fin dallo scorso aprile 1924 cesso il servizio automobilistico della Ditta Bono. La popolazione, completamente sprovvista di servizio trasporto passeggeri alla vicina stazione ferroviaria, vivamente reclama.
Anche il servizio postale, di conseguenza, "venne ridotto solo più al servizio di pedoneria con una sola spedizione giornaliera, dando cosi altro nuovo motivo di lagnanza della popolazione per l'insufficiente servizio".
Il Comune stabili di attivare dall" gennaio 1925 "un servizio di due corse giornaliere per trasporto con vettura dei passeggeri alla stazione ferroviaria di S. Benigno, nonche per il trasporto degli effetti postali, per il Quale pero la Direzione Postale corrispondenti al Comune un adeguato concorso".
Il servizio fu affidato, prima al Sig. Zanna Domenico, poi al Sig. Cappo Agostino. Perole trattative con il suddetto Cappo non ottennero buon esito, non avendovi lo stesso potuto provvedere una macchina adatta allo scopo. Data l'urgenza, la Giunta in via privata tratta con il Sig. Nigra Giorgio, il Quale accetta l'assunzione del servizio dal r /12/1925 a tutto i131/12/1926 mediante la corresponsione di un sussidio mensile di L. 500. La Giunta non vede, ne spera soluzione migliore, ed accetta.
Il Consiglio, dopo la relazione del Sindaco sulle trattative della Giunta, approva, "purche il servizio sia fatto con automobile".
- Formazione di un grande viale di accesso al Camposanto, destinato in parte Quale Parco della Rimembranza.
- Una singolare domanda (ripetuta il 13/9/1925) del Prevosto Don Scotti al Comune per ottenere la concessione di impiantare una cancellata davanti la Chiesa Parrocchiale. Il Consiglio ritiene che l'occupazione di una note vole estensione della piazza pubblica deteriorerebbe il valore del sito comunale posto a lato della piazza (sito tutto destinato ad uso pubblico); e risponde di prendere in considerazione, in via di massima, la richiesta del Sig. Prevosto, "Qual ora egli acconsenta allo spostamento del muro di cinta della Cas a Parrocchiale per ampliamento della strada latistante", previe trattative ed accordi del caso.
- Cessione gratuita alla Parrocchia, a scopo di abbellimento, di area nel Cimitero Comunale per erezione di cappella nel nuovo tratto del Cimitero, come appare nel progetto di ampliamento.
1926-1930 (PODESTA GUGLIELMINI FEDERICO)
- Concorso nella spesa per la rifusione della campana infranta, e provvista di una campana nuova del peso di Kg. 280 con sostituzione del castello (Deliberazione del 3/6/28, VI dell'Era Fascista). - Adattamento di nuovi locali per fornire il Comune di "adatti e comodi uffici comunali" (Approvazione progetto Geom. Toscana).
- Concorso nella spesa per la divisa dei giovani Balilla, "patriottica istituzione".
- Sottoscrizioni di L. 50 pro festeggiamenti nel X Anniversario della Vittoria (1928) e L. 50 pro Aeronautica italiana (< - Sussidio o canone annuo alla Ditta Nigra Giorgio aumentato a L. 9000, a condizione che il servizio di trasporto avvenga con il solo automobile e con due corse giornaliere.
- Storico ed importantissimo documento a difesa dell'autonomia del Comune di San Giusto.
Il 12 maggio 1927 il Podesta di San Giorgio, "per incarico personale ricevuto dall'11l.mo Sig. Prefetto di Aosta", si premurava di chiedere al Podesta di S. Giusto se, "Qualora dall'Autorita Superiore venisse deciso di sopprimere il Comune di S. Giusto" in base al raggruppamento dei Comuni minori deliberate dal governo Nazionale, intendeva aggregarsi al Comune di S. Giorgio, scelto come centro più vicino, insieme agli altri due centri di Aglie e Caluso (Ricordiamo, fra parentesi, che i Comuni di Ciconio e di Ozegna furono poi aggregati ad Aglie).
II nostro Podesta Guglielmini, in data 21 maggio 1927, Anno V dell'Era Fascista (Cosi bisognava completare le date!), faceva seguire la seguente "chiara, precisa e breve" risposta, indirizzata al Prefetto di Aosta tramite il Podesta di S. Giorgio:
"In merito alla richiesta di V.S.II1.ma circa il raggruppamento dei Comuni riferisco che il voto unanime di questa popolazione e quello di conservarsi il Comune Autonomo a costa di qualsiasi sacrifizio.
Con distinta osservanza,
IL PODESTA

Contestualmente inviava al Prefetto il mirabile "memoriale", che e pregio dell'opera riportare integralmente, sia per la sua eccezionale portata storica, sia per la sua lucida e illuminata sintesi della nostra vita comunale.

MEMORIALE PRO CONSERVAZIONE AUTONOMIA DEL COMUNE DI SAN GIUSTO CANAVESE

"San Giusto nel Canavese, Provincia di Aosta, situato in un 'ampia pianura a qualche chilometro da San Giorgio, ha un aspetto caratteristico che insino ad una quarantina di annifa circa poteva dirsiforse unico in ltalia, e che presentemente, per quanta modificatosi, si conserva tuttavia. - lnsino a quell'epoca il paese era costituito da gruppi di case attorno ad una estensione di terreno incolto detto Gerbido (donde il nome di Gerbo Grande di San Giorgio in cuifaceva parte) di ben 300 giornate, pari a mq. 1.150.000, con nel Centro la Chiesa, la Casa Parrocchiale, il Municipio, il Cimitero e poche case. A partire da quell'epoca la massima parte di tale Gerbido e andata scomparendo per fare luogo ad un vasto abitato e cio per via di numerosifabbricati (case, ognuna delle quali aventi cortile e giardino od orto proprio, ville, officine private oltre pubblici edifici) che si sono venuti e si vanno costruendo in collegamento coi fabbricati antichi, secondo un piano regolatore edilizio debitamente approvato. Ne e sorto un paese vastissimo con numerose vie, ombrosi viali, piazze spaziose, ottimo per aerazione, eppero saluberrimo, destinato ad espandersi e migliorarsi sempre pdl, a misura che il rimanente del gerbido viene coperto da nuove costruzioni. Da notarsi che parte rilevante della popolazione comincio da tempo ormai remoto e continuo ad emigrare nelle Americhe, specie in quella del Nord, e le prime delle nuove case, sorte in questo ultimo quarantennio, come molte delle altre successive, sono dovute appunto aile rimesse degli emigrati, dei quali moW sono gia ritornati in patria, ma moW ancora vi sono rimasti che rimpatrieranno a suo tempo. Del che va tenuto conto nella valutazione dell'importanza demografica del paese siccome causa per la Quale la popolazione attuale e al di sotto di 3000 abitanti. La storia di San Giusto si riassume nella lotta secolare per la indipendenza amministrativa e di culto della Comunita e della Chiesa di San Giusto, lotta che i Gerbolini, di indolefiera ed indipendente, in pieno contrasto con lo spirito di soperchiante supremazia del Capoluogo, condussero con tenacia e sacrifici gravissimi. -II chefu specialmente nel periodo dal 1693 aI 1779, quanta alla Autonomia Amministrativa ottenutasi col R.D. 9 ottobre 1778 di erezione in Comune a se del cosiddetto Gerbo, il Quale prese di poi (3 settembre 1779) il nome di San Giusto; e quanto al culto, nel periodo dal 1741, in cui si comincio apposita lite, al 1804, in cui per Decreto 12 Aprile del Delegato Apostolico pel Piemonte fu eretta la Parrocchia con esenzione di ogni obbligazione verso la Arcipretura di San Giorgio. Ottenuta con siffatti provvedimenti dai Sangiustesi la piena soddisfazione delle loro aspirazioni, non per questo si migliorano le relazionifra i due paesi dappoiche le stesse lunghe lotte non avevano potuto avere altro risultato se non quello di acuire maggiormente I'innata rivalita ed antagonismo a cagione, per San Giusto, dei sacrifici ed anche delle ingiustizie - tra cui l'assegnazione di soli due settimi del territorio - che aveva dovuto sopportare, pur di vedersi riconosciuti i proprii diritti, e per San Giorgio, della sconfitta avuta, la quale gli aveva portato la perdita di un'importante frazione. Per lungo tempo ogni occasione di contrastofra Sangiustesi e Sangiorgesi fu una minaccia difatti di sangue. Oggidi cio puo meno temersi per la maggiore educazione delle masse; perdura pero piu che mai nei Sangiustesi I'antica avversione contro il Comune unico, perche al risentimento dell'antico predominio si e venuto aggiungendo la coscienza di quantofin quifatto per portare il paese al grado di sviluppo e di civilta presente, e la valutazione di cio che San Giusto sara per essere in un prossimo avvenire. Percio, ove avesse a risorgere una comunione di interessi, l'avvenire dei due Comuni non si presenterebbe che turbolento.
Quanto sopra dovrebbe val ere preliminarmente per far rifiutare la aggregazione chiesta dal Podesta di San Giorgio e cio per ragione non di puro sentimento ma positiva, perche, se e vero che e sempre essenziale per il proficuo andamento di una buona amministrazione comunale che le parti che compongono il Comune non siano separate da dissensi e da astii, questi sarebbero nel caso assolutamente a suffatto scopo esiziali. Per astrarre da siffatta considerazione, occorrerebbe che, anziche di San Giusto, si trattasse di un comunello le cuiforze si palesassero insufficienti a provvedere a tutto cio che Ie necessita della amministrazione e gli ordinamenti impongono, il che non si verifica certamente per San Giusto.
San Giusto infatti:
- Ha un servizio postale telegrafico con ufficio in luogo e un servizio automobilistico per i trasporti da e per la Stazione ferroviaria piu diretta per Torino. Servizio che sarebbe rimasto impossibile con l'appartenenza a San Giorgio.
- Ha un Asilo infantile idea le per ubiquita, salubrita e tranquiliita,fatto sorgere dalla volonta e dal concorso di tutto il paese, sorretto dagli Enti locali e dalla privata beneficienza, e che funziona egregiamente.
- Ha un edificio scolastico nelle stesse favorevoli condizioni e perfettamente rispondente alla bisogna. Il corso elementare e al completo, con tutte le sei classi, cio che non e dappertutto.
- Ha un cimitero nuovo che non invidia alcun altro, anche nella sua manutenzione, e che vedra quando che sia una Chiesa propria, che e gia in costruzione. A tutti i servizi viene convenientemente provveduto, e cosi, oltre quelli educativo per l'infanzia, istruttivo e mortuario come sopra: all'educazione fisica con un campo dei giuochi adattissimo; al Servizio Sanitario con il Medico Condotto, la Levatrice Condotta ed altra libera esercente; al servizio dei poveri con la Congregazione di Carita che soccorre ben 150 iscritti nell'elenco; al servizio stradale con apposito cantoniere. Lo stato delle strade comunali non e inferiore a quellodei Comuni viciniori; alia pubblica illuminazione merce l'impianto, da diversi anni attuato, della luce elettrica, della quale si avvantaggiano, oltre le case, le officine private come forza motrice.
L 'Amministrazione fascista ha dato impulso a tutti i servizi che ha migliorato in modo da portare il paese nelle condizioni di sviluppo che si veggono e che preludono al divenire suo in un futuro prossimo tale che potra dirsi S. Giusto essere come una vera citta-giardino.
La sede del Municipio e stata, merce opportune opere, resa piu degna. La Finanza del Comune ha chiuso l'esercizio con un avanzo. Le tasse comunali non sono eccessive come altrove. Dopo del che e da chiedersi quale contributo di forze potrebbe dare a S. Giusto la sua unione con San Giorgio, e se invece questa non si risolvesse in una deviazione delle forze sue a vantaggio altrui. San Giusto, sia cio ancora notato, possiede nel gerbido un patrimonio specialissimo per valore e per destinazione, datogli da natura, del quale e giustamente geloso e le cui cure sarebbe ingiusto che venissero agglomerate con tutte le altre che al Comune unico competerebbero.
Concludendo:
Il Comune di San Giusto non puo essere ad alcun altro riunito per la sua importanza, per la sua insonomia che lo distingue da ogni altro, per quello che e e per quello che sara. Non puo poi essere riunito perche ha tutti i servizi, e in grado di provvedere da se solo e provvede convenientemente, e perche da qualsiasi unione con altri avrebbe da perdere, non da guadagnare. La domanda del Podesta di San Giorgio si manifesta quindi illegittima. L 'unione di San Giusto con San Giorgio sarebbe per entrambi nefasta.
II sopra esteso memoriale e diretto a prospettare in succinto la situazione nei suoi vari aspetti considerata, del Comune di San Giusto, quale oggidi si presenta, ad illustrazione delle ragioni per la sua autonomia, le quali hanno dettato la petizione-protesta stata a suo tempo rassegnata a S.E. if Prefetto della Provincia, anima di tutti i Capi famiglia.
Loro interpreti, i sottoscritti conjidano nell'Alta Saggezza di S.E. if Prefetto pervedere assicurata tale autonomia contro ogni velleita di rinnovato predominio per parte dell'antico capoluogo, e cio nell'interesse stesso dell'Economia Generale a cui sono volte le disposizioni del Patrio Governo.
Perocche sara per la sua opera pienamente pacifica intesa al continuo fruttuoso svifuppo delle sue specialissime risorse che San Giusto potra continuare, sotto I'egida delle leggi e la tutela dell'A utorita, a consacrarsi da se con le proprieforze, che l'esperienza dimostra sufficienti, ad attuare ogni giorno if suo immancabife splendido avvenire".
II Podesta a S.E. if Prefetto "con la viva preghiera siano esaudite le giuste aspirazioni dei Sangiustesi".
Con la massima stima
Il Podesta
Avv. Notaio Guglielmini Federico

1930-32 (PODESTA GILAUDO MATTEO)
- Relazione al Prefetto di Aosta (da cui dipendeva il Comune) dei desiderata della popolazione circa i bisogni locali:
"II Comune di S. Giusto Canavese e posta alI'estremo limite Sud-Est della Provincia di Aosta e dista dal Capoluogo di ben 100 Km.
Per accedervi bisogna servirsi della Ferrovia Torino-Aosta raggiungendo la prossima stazione di Caluso distante non menD di 8 Km., senza che vi siano altri mezzi di collegamento, mentre invece per il collegamento con Torino, i1 Comune di S. Giusto sussidia con L. 7200 annue un servizio automobilistico S. Giusto-S. Benigno, Km. 12, con allacciamento alIa ferrovia Canavesana Torino Pont.
Paese eminentemente rurale, non ha altre risorse locali di carattere industriale, commerciale, ecc.; ma, nonostante cia, la popolazione merce la sua forza di volonta di migliorare e di sempre imparare, spesse volte priva di mezzi e comodita, ha saputo imprimere allavoro agricolo un ritmo veloce ed attivo di produzione. Molte sono state le migliorie di produzione apportate ai campi attraverso i1 consiglio e la guida della Cattedra Ambulante di Agricoltura di Cuorgne; ma ancora molto rimane da farsi. Non sempre i mezzi di cui dispone la Cattedra sono adeguati e sufficienti ai bisogni ed alle necessita agricole, come ad esempio l'insufficienza di macchine agricole.
Sarebbe percia necessario dotare le Cattedre di un largo numero di macchine agricole, affinche possano disporne per l'uso alIa massa lavoratrice della terra con quella larghezza di mezzi e di vedute tali da vincere quella speciale diffidenza, innatafra le nostre popolazioni, contro le macchine agricole di ogni specie.
Data dunque la distanza dal Capoluogo, come sopra ho detto, succedy spesso che un cittadino dovenda recarsi ad Aosta per pratiche da sbrigare presso gli Uffici Provinciali, debba disporre almeno per l'andata e ritorno, di due giorni, con evidente grave disagio, spesa e perditempo, ecc.".
IL PODESTA Geom. Gilaudo Matteo
- Sostituzione della Croce del Camposanto e collocazione della stessa davanti la Chiesa, a richiesta di Don Scotti. Tale sostituzione e esteticamente resa necessaria in seguito alIa costruzione della nuova cappella del cimitero, considerato che davanti alIa Chiesa Parrocchiale gia esisteva una Croce (di legno), caduta in seguito al deperimento del materiale. Deliberata la sostituzione nel Camposanto con altra di dimensioni più piccole.
- Nuova denominazione delle vie dell'abitato, essendo state tracciate "moltissime vie nuove" tuttora da denominare: con piano apposito.
- Sradicamento delle gaggie lungo Viale 28 Ottobre (Strada provinciale Chivasso-Ozegna) e piantamento di ippocastani in sostituzione.
- Deliberazione che la Via Malpiardo, una delle vie principali del Comune, venga denominata "Via Roma", e che l'attuale Via Roma venga denominata "Via Monte Santo".
N.B. In Via Malpiardo era l'abitazione del Podesta Geom. Gilaudo.
- Restauro al tetto della camera mortuaria e copertura dell'atrio d'ingresso del cimitero.
- Impianto lampade illuminazione pubblica nella piazza centrale: "due lampade pubbliche in prospicienza alla Chiesa Parrocchiale".
- Classificazione delle nuove strade, corsi e piazze.
- Domanda di adozione di stemma civico e gonfalone proprio del Comune.

1932-1937 (PODESTA BOGGIO ANTONIO)
- Riesumazione e trasloco delle ossa del "cimitero vecchio".
Nella primavera del 1934, per ordine del Podesta, la popolazione si sobbarco ad una paziente opera di escavazione e di ricerca minuziosa di tutti i resti umani inumati nel vecchio cimitero. Per liberare il terreno dalle ossa interrate furono istituite le cosiddette "roide" (fatiche comandate). Giovani e anziani setacciarono tutto il terreno recintato; raccolsero ogni frammento osseo e, su carriole, trasportarono a mano il ritrovato fino all'ossario del nuovo cimitero. Un' opera pietosa e commovente insieme, se si pensa che i tardi nipoti facevano compiere ancora un ultimo viaggio ai loro "Maggiori" (contrastati in vita, disturbati anche dopo la morte), perche anch'essi, non separati dalla Comunita, trovassero un più decoroso riposo nella nuova sede, preparata per un'unica, grande famiglia, ormai più numerosa di quella vivente.
- Alienazione del sito del vecchio cimitero alla Parrocchia.
11 22/5/1934, XII Era Fascista, il Podesta, viste le numerose istanze della popolazione perche si prendessero provvedimenti per il sito recintato del vecchio cimitero, posta proprio nel concentrico dell'abitato e lasciato nel più completo abbandono con pregiudizio del decoro, cittadino; ritenuto che tale vecchio cimiterofin dal 1906 nonfu piu attivato, e che, anzi, furono riesumate tutte le vecchie sepolture e tutti i resti furono accolti nell'ossario del nuovo cimitero; delibera di alienare il sito recintato del vecchio cimitero, dismesso da oltre 28 anni, disponendolo con opportuna perizia per l'alienazione e trattativa privata ai confinanti (Parrocchia) o, in difetto, ai pubblici incanti. In data 20/6/1937 l'area del vecchio cimitero venne destinata alla Parrocchia, dopo che il Prevosto Don Pietro Scotti, pienamente consenziente, ebbe versato al Comune il giusto prezzo del terreno. La Parrocchia, come sappiamo, fece di quell' area il nuovo "Oratorio festivo maschile", intitolato al sangiustese Geom. "Rino Gallinatto": scrittore, giornalista, apostolo e guida dell'Azione Cattolica di Ivrea.
I sessantenni lo ricordano quando veniva a incontrarsi con i giovani oratoriani nella loro antica sede, situata dietro la parte vecchia del Palazzo Comunale. Vi si accedeva dal gerbido allora fiancheggiante il Municipio. Un oratorio povero era, ma pieno di vivaci ragazzi, e di numerosi seminaristi. Bastava la parola di Gallinatto a suscitare l'entusiasmo alle stelle.
- Onoranze a S. Giovanni Bosco nell'anno della sua canonizzazione (1934).
Il Podesta, "per rendere più tangibile e solenne la festa", accoglie la richiesta dell'apposito Comitato perche nell'abitato vi sia almeno una Via o Piazza centrale dedicata al glorioso Santo, e delibera che la Piazza dell' Asilo, venga da allora in poi chiamata "Piazza S. Giovanni Bosco", in sostituzione della intestazione "Piazza dell'Asilo".
- Curiosa offerta di un moschetto alla locale sezione dell'Associazione Nazionale Combattenti: un moschetto nuovo (L. 75), suI cui calcio sara inciso il nome del Capor. Pugno Giovanni Battista (designato dal Comune), gloriosamente caduto suI Monte Palone (1915) in seguito a ferite multiple aIle gambe prodotte da "srapnel".
- Premi di nuzialita per l'incremento demografico ai giovani sposi in condizioni bisognose: L. 500 per coppia (L. 1500 nel 1936).
- Esecuzione in marmo di Carrara di una lapide-ricordo dell'assedio economico all'Italia, del tipo e formato stabilito da circolare prefettizia (Prezzo di acquisto L. 850).
Detta lapide, rimossa dalla facciata del Municipio, e stata poi utilizzata per l'altra scritta commemorativa ora leggibile nei gradini fronteggianti la Chiesa Parrocchiale (1965).
- Contributi e sussidi annuali all'Opera Nazionale Balilla (L. 600); alla Chiesa Parrocchiale in occasione del grandioso XX Congresso Eucaristico Diocesano per le opere straordinarie occorrenti (L. 1000); al pagamento della spesa per la lapide-ricordo della Fondazione dell'Impero (L. 200). - Concorso nella spesa per l'acquisto di un apparecchio radio, su richiesta del segretario del locale Fascio di Combattimento (L. 500).
CURIOSITA STORICA: E arrivata la radio a S. Giusto. il primo apparecchio fu sistemato nella villa di Don Giuseppe Formia, trasformata poi nell'attuale "Casa di Riposo" intitolata a S. Giuseppe (in onore appunto del munifico donatore Don Giuseppe). Quella casa, in verita, ha una storia ben più lunga: gia casa padronale degli antichi signori Bassi, comprendeva nel1700 tutto l'isolato terminaIe di via Molino. Vi abit6 anche un dotto sacerdote Don Giovanni Bassi, i1 Quale officiava anch'egli in una sua propria cappella, sistemata in un locale architettonicamente uguale a quello dell'attuale cappella della "Casa di Riposo", ma corrispondente alla sala più orientale del fabbricato, ora di proprieta Boggio Marco. Prova ne sia la originaria campana, appesa per secoli sopra la sala e tuttora ben custodita, recante la scritta in bronzo: "Sancta Maria, ora pro nobis, 1767". Un altro dei più antichi e meglio conservati cimeli della nostra storia pre-comunale.

1937-1945 (PODESTA GIOANNINI DOMENICO)
- Restauri dell'edificio comunale per buona manutenzione e decoro del Municipio: il pittore Comoglio Giovanni decora le sale, particolarmente la sala consiliare. - Concessione di stemma e gonfalone. La tardiva risposta della Presidenza del Consiglio dei Ministri: "In relazione alla domanda presentata per ottenere la concessione richiesta, si significa che agli atti di quest'Ufficio Araldico risulta che, con R.D. in data 11/3/1937, vennero concessi a favore di codesto Comune uno stemma ed un gonfalone cosi descritti:
STEMMA: D'azzurro, alla bilancia d'oro accompagnata in punta da una croce dello stesso. Ornamenti esteriori da Comune.
GONFALONE: Drappo di colore bianco, riccamente ornato di ricami d'argento e caricato dello stemma sopra descritto con l'iscrizione centrata in argento: Comune di San Giusto Canavese. Le parti di metallo ed il nastro saranno argentati. L'asta verticale sara ricoperta di velluto bianco con bullette argentate poste a spirale. Nella freccia sara rappresentato lo stemma del Comune e suI gambo inciso il nome. Cravatta e nastri tricolorati dai colori nazionali frangiati di argento".
- Definizione della vertenza con la Signora Contessa Maria di Biandrate di S. Giorgio: riconoscimento dei diritti di derivazione, da parte della popolazione, d'acqua dalla roggia del Molino (diramazione dalla Roggia di S. Giorgio per l'irrigazione dei propri terreni posti nel territorio di S. Giusto.
- Spostamento del muro di cinta della Casa Parrocchiale per rettilineamento della via antistante la Casa Comunale. - A spese del Comune fu eseguita la ricostruzione del muro in posizione arretrata e fu pagato l'indennizzo al beneficio parrocchiale per l'esproprio del site necessario alla eliminazione di quella specie di strozzatura (non ancora del tutto eliminata) formata dal maggior avanzamento del muro di cinta della Casa Parrocchiale. Di conseguenza venne ampliata quella che allora si chiamava"Via MARTIRI FASCISTI" (Dopo la Liberazione, nel 1945, sara denominata "Via LIBERTA, per spontanea reazione di popolo).
- Nel 1942, in occasione del Ventennale della Rivoluzione Fascista (XX E.F.), "per volere del DUCE devesi concedere al personale del Comune un premio ventennale corrispondente all'importo di cinque mensilita della relativa aggiunta di famiglia". E forse l'ultimo atto del Podesta Gioannini Domenico (il buon Notu 'd Nila, presidente emerito della Banda Musicale anche dopo la Liberazione).
Le deliberazioni comunali, successive alla caduta del Fascismo (1943), passano sotto l'egida della "Prefettura Repubblicana" di Aosta e recano la firma del facente funzione del Podesta, il Segretario Comunale Geom. Domenico Toscana, che deve destreggiarsi e barcamenarsi fra "repubblichini di Sal(">, tedeschi invasori, partigiani ribelli, in un clima di diffidenze, paure, intimidazioni, soprusi, violenze, lotte civili, fucilazioni: la guerra era arrivata in paese a seminare i suoi morti, tra le case di abitazione, sotto gli occhi della gente inerme.
L'Italia era allo sfascio, i militari allo sbando, i cittadini disorientati; il Re Vittorio Emanuele III, in fuga verso il sud (a Brindisi) con il nuovo governo del Gen. Badoglio, e Mussolini in fuga verso il Nord, per ricostituire le poche milizie fasciste nella nuova "Repubblica Sociale" (detta di Salò, perche le sedi dei ministeri saranno distribuite in varie localita del lago di Garda): una situazione di generale disordine e confusione, in cui si trovo anche la popolazione di S. Giusto, quando molti dei suoi figli migliori, ancora sotto le armi, o risultavano dispersi, o erano stati deportati in campi di prigionia, o di concentramento in Germania, o si erano dati alla macchia in localita sconosciute, o si erano votati alla lotta partigiana, aggregandosi alle formazioni combattenti per la liberta.
L'unica cosa certa di quel triste periodo fu, prima l'esplosione di gioia popolare che coinvolse anche i Sangiustesi alla notizia che il Re aveva allontanato dal govemo il Cay. Benito Mussolini per sostituirlo con il Maresciallo Pietro Badoglio; poi l'aperta manifestazione di un radicato sentimento antifascista e antinazista a lungo covato, che voleva dire: "fine alle guerre", "basta con la volonta di potenza", "tomiamo alle libere scelte democratiche della volonta popolare".

Le liberta civili erano a portata di mano; ma bisognava conquistarle.

LE GUERRE FASCISTE

Di fronte alla grande crisi economica del 1929 (12-13 milioni di disoccupati negli Stati Uniti, 6 milioni in Germania), Mussolini, saldamente sicuro del proprio potere, penso di risolvere il grave problema con le commesse militari e mettendo l'Italia suI piede di guerra.
A partire dal 1933 diede inizio alla preparazione dell'impresa coloniale in Etiopia, presentata come quella che avrebbe assorbito grandi quantita di lavoratori, ci avrebbe dato grandi possibilita di importare materie prime per le nostre industrie, e avrebbe assorbito i prodotti industriali. La propaganda fascista ebbe il potere di destare nel popolo, quasi abbagliato da tante promesse, un'ondata di consenso al regime, tanto piu che l'impresa etiopica, iniziata verso la fine del 1935 e gia vittoriosamente conclusa nel 1936, dopo appena 7 mesi di ostilita, suscito immediati entusiasmi. Mussolini poteva esclamare, con la sua solita enfasi e retorica, che l'Impero era tornato sui "colli fatali di Roma".
Sono ancora viventi nostri concittadini che presero parte alla fortunata spedizione, ma che, gia lungo il viaggio di ritomo dall'Africa, conobbero le perfidie della dittatura, quando la loro nave, con tutto il carico d'armi, fu dirottata in Spagna per dar man forte all'altro dittatore Franco, che stava per essere soffocato da un govemo di sinistra composto di sindacalisti, anarchici, socialisti e comunisti.
La partecipazione alla guerra civile di Spagna costa all'Italia una somma che, rapportata al valore della lira d'oggi, e addirittura favolosa. A quella nuova guerra il Fascismo mando uomini, materiali, pezzi di ricambio, senza nulla ricevere da parte di Franco per quello che gli era fornito.
Ma la guerra civile spagnola, che provoco una immediata e intensa partecipazione, suI fronte opposto, degli antifascisti di ogni paese e soprattutto degli esuli italiani, divenne, in certo qual modo, la prova generale della prossima, seconda guerra europea. Le nazioni democratiche europee si coalizzarono contro i governi dittatoriali di Mussolini e di Hitler, l'altro dittatore tedesco, che, occupando militarmente l'Austria ne11938, minacciava la pace degli Stati europei con i suoi piani di conquista dello "spazio vitale" tedesco.
La situazione ormai andava precipitando verso il nuovo tremendo conflitto mondiale, scatenato dalla Germania nel 1939.
L'Italia entro in guerra circa un anno più tardi, nel maggio del '40, in condizioni economiche disastrose.
La nuova chiamata aIle armi mando al fronte 0, meglio, allo sbaraglio non pochi giovani di S. Giusto. Le truppe si riconobbero in condizioni veramente pietose; non sorrette neppure dalla forza di un ideale, quando si accorsero quanta il Fascismo avesse riempito le masse di mirabolanti prospettive, gridate sempre con una vuota ed esasperante retorica: gli otto milioni di baionette erano milioni di vecchi fucili 91, di circa cinquant'anni prima.
L'Italia riusci a non crollare e a resistere (Alla prima parola d'ordine "VINCERE", segui ben presto l'altra "RESISTERE": stampigliata ovunque, persino sulla franchigia postale delle nostre cartoline), finche fu sostenuta dalla poderosa macchina da guerra dell'alleato tedesco. La ritirata di Russia, dove nostri concittadini caddero stremati dalla fame e dal freddo (e quelli che ritornarono non vollero mai raccontarci i loro patimenti, ne come fu loro possibile sopravvivere), rivelo aIle potenze che la Germania non era invincibile. Ad una ad una le terre conquistate dovettero essere abbandonate, le avanzate si tramutarono in ritirate.
La disfatta era imminente. Ne derivo una forte ripresa o un intenso risveglio della Resistenza antifascista e antinazista. Le pressioni dei partiti democratici valsero a contribuire alIa caduta del fascismo. Le sorti disastrose della guerra provocarono il voto contrario a Mussolini del suo Gran Consiglio nella notte del 25 luglio 1943, dovuto, in gran parte, alIa ribellione dei suoi stessi gerarchi. I sogni di gloria caddero tutti. Mussolini fini fucilato, il 28 aprile 1945, dai partigiani che lo catturarono mentre tentava la fuga. Ma per la sua ambizione questi nostri concittadini sacrificarono la giovane esistenza sui fronti più disparati, in terra, nel cielo, nel mare.

ELENCO UFFICIALE DEI CADUTI NELLA SECONDA GUERRA MONDIALE 1940/45

Serg CORDERO BARTOLOMEO
Sold. CAPPO SEBASTIANO
FIORINA DOMENICO
FIORINA GIORGIO
TAPPARO DOMENICO
GIULIO ALDO
2° C.c. FOGLIA CELESTINO
Sold. TAPPARO GIOVANNI

Per amor di verita e bene precisare che, dei 7 (e non 8) ufficialmente menzionati sulla lapide municipale come Caduti, solo tre risultano effettivamente caduti suI fronte di guerra (CORDERO BARTOLOMEO, TAPPARO DOMENICO, GIULIO ALDO); gli altri compaiono nell'elenco dei MILITARI DISPERSI redatto dal Sindaco in data 30/4/1947, da cui ricaviamo:
FOGLIA CELESTINO, Sergente Maggiore, 2° Capo Cannoniere nella Regia Marina (Nave Italia), dichiarato disperso, dal Ministero della Marina per azione del nemico in data 9/9/1943;
FIORINA DOMENICO, dichiarato disperso in Russia nel dicembre 1942; e successivamente dichiarato deceduto in Russia nel campo di concentramento n. 58/3 di Nordovia il 4/2/1943;
CAPPO SEBASTIANO, dichiarato disperso in Russia nel dicembre 1942;
FIORINA GIORGIO, "consta che sia deceduto in un campo di concentramento in Germania";
TAPPARO GIOVANNI, dichiarato disperso suI fronte russo in occasione del fatto d'armi avvenuto il 25/1/1943 in Nikolajewka (Russia).
Militari dichiarati irreperibili
che successivamente risultarono viventi:
ENRICO GIOVANNI BATTISTA, suI fronte operativo russo, dichiarato irreperibile nel dicembre 1942;
SIMONDI ALDO, suI fronte operativo russo, dichiarato irreperibile nel dicembre 1942;
entrambi felicemente ritrovati e viventi (Dichiarazione del Sindaco Castellano in data 1/4/1948).

IL TEMPO DELLA DISFATTA

A quelli vanno uniti i concittadini caduti, non in guerra, ma nel nostro pacifico paese, colpiti dal piombo nazi-fascista sotto gli occhi esterrefatti della cittadinanza. Le vicissitudini di altri compaesani, fatti prigionieri in Africa orientale (l'ex A.O.I.) e settentrionaIe (l'ex colonia libica), in Albania (gia dal Fascismo aggregata al regno d'Italia), in Jugoslavia, in Grecia, in Russia, ecc., e trasportati un po' ovunque, fino alIa lontana India, non si possono enumerare. I superstiti preferiscono dimenticare. Ma quanti, i cui nomi non compaiono in nessuna lapide ufficiale, sono tornati, dalla guerra più crudele che la storia abbia mai conosciuto, con il corpo martoriato o debilitato dagli stenti, dalle ferite, dai congelamenti, dalle torture, dalla fame?
La terribile guerra fu sofferta, si puo veramente dire, da tutta la popolazione di S. Giusto, perche gli stenti e le paure furono di tutti.
Le bombe con cadenza incessante, caddero nelle notti, illuminate soltanto dalle dirompenti luci dei bengala, su quasi tutti i grossi centri abitati, dove non era alcun fronte di guerra. Le case della citta sventrate dai bombardamenti o distrutte dal fuoco, furono abbandonate precipitosamente. Era triste lo spettacolo serale della gente in fuga; vecchi e bambini, su carretti e biciclette, carichi di masserizie, materassi e coperte, in cerca di un riparo notturno, sotto i ponti, nei paesi vicini.
San Giusto divenne un ambito rifugio di sfollati, dove i "senza tetto" trovarono una provvisoria sistemazione presso le nostre ospitali famiglie contadine. Con la popolazione locale condivisero il "pane nero" della tessera; impararono ad apprezzare la bonta delle erbe; mendicarono generi alimentari a qualsiasi prezzo, anche di "borsa nera", pur di superare le ristrettezze imposte dall'interminabile guerra. I bombardati delle citta divennero gli sfollati dei paesi, soccorsi dai prodotti che la sola campagna era in grado di offrire. Le autorita predisposero un piano di sfollamento della citta di Torino a scopo di protezione antiaerea, che prevedeva la sistemazione di n. 2270 profughi provenienti da Torino. C'era da raddoppiare la popolazione del paese, che allora era di 2200 abitanti.
Dopo che furono sistemati i primi 500 profughi, i nostri amministratori comunali cosi riferirono alle autorita:
"Disponendo il Comune di una grande estensione di terreno nel centro del paese adibito come area di fabbricazione, ed attualmente incolto (gerbido) per una superficie di ettari 4 circa, vi si potranno costruire dei baraccamenti idonei per il ricovero dei rimanenti profughi 1770; facendo pero nota che il Comune di S. Giusto non dispone di capitali per la costruzione di detti baraccamenti e provvista degli utensili".
I materiali avrebbe dovuto fornirli la citta di Torino.
lnteressanti le generalita descrittive del concentrico e del territorio del Comune che venivano fonite: "Non vi sono frazioni. II paese e tutto conglobato in un unico centro con case di tipo normale e cosi composte: stall a e cucina al pianterreno, che serve anche da magazzino dei prodotti rurali; camera da letto al primo piano, con "travata" nella parte vecchia dell'abitazione, e cioe alla periferia. Muratura grigia in pietra. Illuminazione elettrica, ma nella maggior parte delle famiglie l'ilIuminazione e a petrolio. Latrine esterne. Qualche pompa; acqua dai pozzi, di cui parecchi in comunione.
Tenuto conto di quanta sopra, il paese non e atto ad allogare presso le famiglie, con le richieste esigenze, se non un limitatissimo numero di profughi. II Comune e prevalentemente rurale, con abitazioni rurali nella quasi totalita. La popolazione appartiene tutta alIa classe lavoratrice, parte agricola e parte operaia. L'alimentazione dell'acqua, sia di quella bevibile, sia di quella destinata alla pulizia, avviene a mezzo di pompe e pozzi di acqua viva in modo sufficiente ai bisogni. Per quella destinata all'estinzione degli incendi si ricorre ai pozzi e ai fossi d'acqua corrente". Come chiaramente appare dalla relazione comunale del tempo, la vita a S. Giusto non offriva certo comodita, ne tanto meno agiatezze. Aria buona, si, tanta; protezione antiaerea, anche, perche non c'erano obiettivi da colpire. Di notte, poi, l'oscuramento era totale; le finestre erano state ricoperte da pannelli in modo che non filtrasse neppure un raggio di luce (Preoccupazione eccessiva, la, dove ancora languivano gli ultimi lumini a petrolio sopra lucerne spostate da un locale alI'altro nell'interno della casa).
Eppure profughi e sfollati vi si adattarono, scoprendo il gusto della vita semplice e sicura in mezzo al verde della campagna e della madre natura. Per molti fu come tornare ai primordi della storia esistenziale e rifarsi una vita.
E quanti si sistemarono stabilmente, eleggendo S. Giusto come residenza ideale! La gente si mescola, le forze si unirono, le esperienze si scambiarono, si prepararono i presupposti per la rinascita della comunita uscita più forte e compatta dagli orrori della guerra.
La vita non era stata facile neppure a S. Giusto in quegli anni.
La cordialita ospitale non era stata sufficiente a far dimenticare che la guerra era arrivata dappertutto. A ricordarlo ci pensavano le frequenti requisizioni imposte con prepotenza.
Prima il sequestro degli apparecchi radio da parte della Questura Repubblicana di Aosta:
"Data la particolare situazione del momento, e tenuto conto che la propaganda radiofonica si e rivelata come una delle armi più insidiose a disposizione del nemico, e che sempre a mezzo radio i comandi alleati si mantengono in collegamento con le bande partigiane, si impongono provvedimenti atti a stroncare o quanta meno ad ostacolare tali criminose attivita. Per tali motivi, in seguito a disposizioni Ministeriali, si ritiene opportuno il ritiro di tutti gli apparecchi radio riceventi posseduti da privati cittadini in quei Comuni notoriamente frequentati da ribelli" (1944).
Poi la requisizione di biciclette (Ovviamente macchine e motociclette di privati erano gia sparite dalla circolazione, smontate o nascoste). il facente funzione di Podesta si scusava con il capo della Provincia che per il numero delle biciclette da consegnare al Comando Germanico ad Ivrea era impossibile procedere alIa requisizione, "perche in S. Giusto non si hanno che biciclette usatissime ed appartenenti a persone che ne necessitano per uso lavoro".
Neanche la richiesta di n. 5 oche poteva essere esaudita:
"Spiacente comunicare di non poter mandare le cinque oche richieste, non essendo riuscito possibile trovarne" (11 ff. Podesta Geom. Toscana). Non fu invece possibile sfuggire alIa consegna di qualche dozzina di uova. 11 Coman do Militare Germanico di Caluso aveva minacciato, in caso di rifiuto, prelevamenti coattivi con spiacevoli ripercussioni. E cosi "in ottemperanza a quanta richiesto con foglio n. 7731 deI 5/XII/1944 si trasmettono n. 3 dozzine di uova: che rappresentano tutto il quantitativo che si e potuto trovare".
Dal settembre 1943 al dicembre 1944 furono fatte operare dalle FF.AA. Germaniche le seguenti requisizioni: fieno (raccolto a cura del Consorzio Agrario di S. Giorgio); due suini di 1 ql. circa caduno; n. 45 uova.
Le angherie tedesche suI finire di quel triste 1944, anziche cessare, si fecero sempre più minacciose. In seguito ad atti di sabotaggio verificatisi sulla linea ferroviaria Ivrea-Chivasso il Comando Germanico prese un certo numero di ostaggi, che "in avvenire accompagneranno tutti i treni e si troveranno alIa testa del trasporto e distribuiti per tutto il treno. Per dare il cambio agli ostaggi trattenuti, il Comando Germanico ordina al Podesta di man dare all'Ufficio Comunale, domani aIle ore 12 precise, CINQUE persone che a sua cura dovranno essere scelte tra la popolazione".
Ci fu un po' di indecisione nell'esecuzione di questo "Servizio di guardia civile ed ostaggio". Tant'e che il Segretario Comunale di S. Giorgio scrisse al nostro Podesta ff.: "II servizio deve essere fatto da tutti gli uomini validi dai 18 ai 60 anni (Esclusi i parroci, i mutilati e invalidi di guerra, i lavoratori addetti aIle industrie protette). Per quanta riguarda il tempo, anch'io non ho ancora capito nulla. Qualcuno dice otto giorni, qualche altro 24 ore.
Se sapro qualche cosa di più positivo, ve lo faro sapere.
Ma le tergiversazioni dovettero essere superate ben presto, di fronte alIa successiva nota del Commissario Prefettizio indirizzata al Podesta: "II Comando Germanico di Caluso m'incarica di comunicarvi che, se entro le ore 17 di questa sera non avrete inviati qui i CINQUE ostaggi richiesti, VERRANNO PRELEVATE TUTTE LE AUTORITA DI CODESTO COMUNE". Seguirono, naturalmente, gli elenchi degli ostaggi designati, a gruppi di cinque (cognome e nome, classe di leva), i quali si presentarono a prestare servizio, dandosi il cambio. Che la situazione politico-militare andasse precipitando verso una soluzione si cominciava a capire da tutti, sia per l'avanzata delle truppe degli alleati anglo-americani, che, dopo aver occupato la Sicilia nel 1943, gia avevano liberato Roma nel giugno 1944 e proseguivano la loro marcia verso il Nord, acclamati come liberatori; sia perche le ultime resistenze nazi-fasciste dell'Alta Italia diventavano sempre più insofferenti e farneticanti. Anche se a S. Giusto non erano ancora giunte le notizie delle orrende stragi compiute altrove da comandi tedeschi e fascisti (Le comunicazioni erano interrotte), un clima terrificante era tenuto ugualmente vivo da innumerevoli proclami contenenti minacce di morte o tronfi annunci di esemplari esecuzioni di singoli cittadini e addirittura di masse di ostaggi...
A scopo di pubblicazione ci e stata trasmessa la seguente comunicazione (A VVISO N. 8), listata di nero la banda sinistra:
1. "Il giorno 28-12-44 sono stati acciuffati 4 banditi armati, che usufruendo dell'amnistia, si erano presentati tempo fa presso un Comando germanico. Questi erano in procinto di "sequestrare" una mucca a Neirotti.
Essi sono stati passati per le armi, rei:
a) di aver abusato oltre misura della fiducia riposta in loro,
b) di non aver consegnato le loro armi come avevano affermato".
La dignita e la fama del popolo italiano non potranno pera essere sollevate infrangendo in tal modo una parola data.

IL TRADIMENTO E LA BRISCOLA DEL GIORNO!

Questo e inoltre il modo migliore e più comodo per vivere anche senza lavorare sotto la maschera del "patriottismo" rubando, saccheggiando... e vivendo come parassita sulle spalle della popolazione laboriosa.
Ritorniamo ai tempi della MAFIA nel meridionale conosciuta e combattuta da tutti gli Italiani. E questo brigantaggio non e stato forse combattuto fino all'ultimo dai puri italiani, fra i quali si trovava anche un colonnello piemontese?
Il famoso capo dei GANGSTER, il pericolo pubblico N. 1, AL CAPONE sarebbe comandante ideale per tale formazione di liberta!
2. "Il giorno 28-12-44 fu fatto saltare da alcuni individui un tratto di linea ferroviaria nei pressi di Porte. Come rappresaglia sono stati immediatamente fucilati sui posta sei banditi gia catturati prima. 11 giorno 29-12-44 la linea era nuovamente praticabile" Con cia si dimostra che non si disturb a affatto i nostri servizi, poiche abbiamo altre possibilita di rifornimento; si reca pera danno alIa popolazione impedendo il provvedimento delle merci bisognose. Ciò che non viene bombardato dai "Liberatori" anglosassoni, ve lo distruggono i "PATRIOTI". Esempio: "GRECIA" "W IL PATRIOTA" anche se la popolazione tranquilla, pacifica e laboriosa sta affamandosi.
Il Comandante del Settore di Sicurezza "NORD" 31/XII/1944

Fortunatamente l'istintiva diffidenza dimostrata inizialmente verso i Partigiani dalle forze alleate anglo-americane si tramuta nell'impegno di lanci adeguati di materiale bellico e viveri, per appoggiare quella che doveva essere una "guerra grossa" (come aveva sostenuto Parri), e non soltanto colpi di mana isolati contro camion tedeschi, contro piccoli presidi o contro militari sparsi della Repubblica Sociale. Si realizza una coalizione di forze politiche e militari, unite unicamente dalle necessita dettate dalla guerra di liberazione. Stava finalmente per spuntare l'alba della nuova primavera, con l'annuncio del Gen. Clark ai Partigiani: "La battaglia finale e cominciata" (10/4/1945).
Il 25 aprile insorgono Torino e Milano. E la "LIBERAZIONE"!
Il 2 maggio il Gen. Alexander annuncia la fine delle ostilita in Italia, dopo la resa incondizionata dell' alto comando tedesco.

DON SCAPINO E GLI ANNI DELLA GUERRA PARLA DON COSTANZO

Il nome di S. Giusto era segnato di rosso su tutte le cartine dei Comandi militari.
Un paese che, per la sua posizione geografica, era "base" dei partigiani e, di conseguenza, per "gli altri" non solo sospetto, ma una posizione nemica ogni giorno da conquistare. Onde, quando ci venivano, salutavano immancabilmente case ed abitanti sparando, non a salve, le mitragliere. In mezzo alle case sparse, ad equa distanza dal Brik, dalla Commenda, dai cantoni Barchei e Sottocosta, al centro del paese per essere alIa portata di tutti, sta la Chiesa e sta la Casa Parrocchiale. La gente si raduna volentieri sulla piazza grande che sta dirimpetto alIa Chiesa; ne fa mercato, campo sportivo e, una o due volte l'anno, luna-park. Ma negli anni che vanno dal 1943 al 1945, pure se vennero meno i convegni sportivi e fieristici, fu più frequente la convergenza dei Sangiustesi a quella piazza, a quella Chiesa, a quella casa parrocchiale. Più frequente e meno lieta. Furono gli anni della dura prova per tutti. Gli anni della grande prova del prete, del parroco, di D. Scapino.
Faremo un panegirico o un diario? Il diario sarebbe il panegirico e il panegirico non starebbe senza l'ossatura del diario. Ma e difficile fare un diario a distanza di 15 anni. Un diario che non sia stato fatto a suo tempo, giorno per giorno. E si trattava di giorni che non davano tempo di scrivere, che neppure consigliavano di scrivere, di mettere sulla carta i propri pensieri e i propri fatti. Pensieri e fatti che da un'ora all'altra potevano diventare materia di processo per direttissima.
Poteva scrivere ad es. D. Scapino nell'ottobre '43: oggi ho dato alloggio in casa mia a due stranieri, da due anni braccati da Italiani e Tedeschi, e intendo ospitarli finche dura la guerra?
Poteva scrivere Don Scapino: stamane ho assicurato il Ten. Babel e il Ten. Smith che a S. Giusto non ci sono partigiani e che le famiglie di G. o di M. o di B. sono contrarie ai loro figli "fuorilegge" e che bisogna percio non molestarle?
Non poteva scrivere Don Scapino e non lo poteva nessun altro.
Non quindi un diario, che non si puo fare postumo, ma soltanto pochi ricordi di molti fatti, una rievocazione senza pretese di una vicenda complessa e drammatica nella Quale ebbe un posta di primissimo piano Don Scapino.

LO CERCAVANO I "NEMICI"

Giungevano a piedi, in camionetta, a bordo di automobile. Erano Italiani della Repubblica di Salò, tedeschi del grande esercito di Hitler. Giungevano e si guardavano d'attorno. Forse sulla piazza c'era gift il marta o i morti. Quelli falciati dalle loro mitraglie. Non si curavano dei marti, cercavano i vivi. I vivi che temevano, i partigiani che chiamavano banditi, gli altri che chiamavano favoreggiatori. Ma prima di tutto cercavano il parroco. Qualche volta erano cortesi, freddamente cortesi; qualche volta condivano la loro tracotanza con la canna dei mitra dritta suI petto o pungolante le reni.
Volevano sapere. il parroco doveva sapere dove stavano i partigiani, dove stavano le bestie, dove stava il grano; doveva sapere chi aveva sparato sulla strada di Feletto o nei boschi di S. Giacomo o magari sui ponti dell'Orco o del Chiusella. Doveva sapere e riferire. Magari non sapeva niente. Magari sapeva tutto. Ma del tutto che sapeva non poteva dir nulla, non voleva. E allora i lunghi interrogatori, allora le minacce.
Drammatica, ed eloquente per tutti gli altri episodi, quella mattinata dell'agosto 1944, quando Don Scapino fu improvvisamente prelevato di casa e scomparve dalla circolazione. C'era un rastrellamento della Decima, e gia in parrocchia erano stati alcuni ufficiali per uno spuntino. Lo spuntino sbocco nell'interrogatorio, ma l'interrogatorio non sbocco per gli inquisitori in buoni risultati. Ed allora... Don Scapino spari. Qualcuno lo rintraccio qualche ora dopo. Era in una casa non lontana. Una camera, un tavolo e lui. SuI tavolo un foglio bianco di carta; di fronte un miliziano dalla grinta dura secondo l'etichetta, con il mitra imbracciato. Semplice: Don Scapino doveva mettere su quella carta i nomi dei partigiani del paese, indicarne la abitazione e i ritrovi. Un'ora di tempo, una mezz'ora di tempo, cinque minuti di tempo. II milite diceva che alIa scadenza avrebbe sparato.
Oggi sappiamo che non ha sparato. Ma allora, in quei momenti, tutto era possibile. E il non aver scritto nulla, il non aver rivelato nulla, fu un atto di coraggio perche fu un segno di grande amore. II Padre non voleva tradire i suoi figli, non voleva far piangere altre famiglie. Piuttosto avrebbe sacrificato se stesso.
II rifiuto di parlare gli valse 24 giorni di prigione. Non che dovessero essere solo 24, ma non poterono tenerlo di più. Lunghi tuttavia quei giorni che furono di attesa, di minacce, di incubo. II disco non cambiava: sarebbe rimasto tra quelle mura fin quando non avesse parlato.
Non parlo e vi rimase. Al ventiquattresimo giorno i carcerieri dovettero liberarlo se vollero riavere due ufficiali del Presidio di Ivrea, prigionieri a loro volta in quel di Strambino.
Quando Don Scapino ritorno fu un trionfo. L'attese sulla piazza tutta la popolazione e tutta la popolazione fu con lui in Chiesa a cantare il Te Deum: una esplosione unanime di riconoscenza al Signore che aveva ridato al paese il suo difensore unico.
Don Scapino aveva trovato in carcere altri Sacerdoti, altri Parroci. Lo rileviamo per dire che altri Parroci fecero in quegli anni per le loro popolazioni quello che egli andava facendo per San Giusto. Ma lo rileviamo anche per dire che se il nostro Prevosto usci salvo quella volta ed altre ancora da minacce e rappresaglie, altri Parroci e Sacerdoti non ebbero la stessa fortuna. Perche non e vero che brigate nere ed hitleriani avessero particolari riguardi per i preti e che, se Ii mettevano in carcere, lo facessero per scherzo. Centinaia di Sacerdoti non tornarono vivi, o perche deportati o perche massacrati. Non lontano da noi Don Gedda, moschettato alIa schiena ad Alice Superiore, Don Camurati mitragliato con altri suoi parrocchiani sulla piazza della Chiesa di Villadeati.
Don Scapino torna salvo per continuare la sua missione. Aveva, e vero, i nervi scossi e un terrore duplicato dei mitra e delle facce tedesche. Ma il più aveva ancora da fare, e lo fece, nei dieci mesi che ancora duro la tragedia e specialmente nel durissimo inverno 44-45.

LO CERCAVANO GLI AMICI

Furono gli anni in cui a S. Giusto, come in altri paesi, la popolazione non si distingueva più in clericali e anticlericali, amici del prete e nemici o indifferenti.
La comune sventura e il pericolo d'ogni giorno aveva rifatto la famiglia parrocchiale, una famiglia di sofferenti che istintivamente ricorrevano per difesa allo stesso Padre.
Nella notte i partigiani avevano razziato una vacca ad una famiglia non benestante. Si, i partigiani dovevano pur vivere, ma quella famiglia senza la vacca avrebbe fatto della fame. Si ricorreva a Don Scapino e Don Scapino si muoveva, cercava gli amici tra i partigiani, illustrava la posizione di fame della famiglia reclamante, spesso otteneva che il bestiame ritornasse alIa stalla.
Un'altra notte un gruppo di banditi aveva rapito non una vacca ma due coniugi con la loro bambina. Le scampanellate alIa parrocchia dicono subito d'un pericolo o d'una sventura grande. Solo il Prevosto puo fare qualche cosa, e per fare qualche cosa si da da fare per diversi giorni. Difficile arrivare, raggiungere chi puo, convincere che il sequestro e inumano... Ma alla fine quella famiglia si ricompone in festa.
Purtroppo non tutto finisce bene. Come quando un'altra donna, una sposa innocente, e prelevata di notte dalla propria casa e portata sulle montagne. Don Scapino corre tutte le vie, batte al cuore di tutti i possibili intermediari. Non glie la fa e qualche giorno dopo piange coi famigliari la povera donna trucidata, dopo inumane sevizie, in quel di Corio.
La casistica sarebbe senza fine. Si tratto aIle volte non di un povero figliolo in pericolo, ma di decine di ostaggi e del paese intero.
E forse dimenticato l'episodio delluglio '44 quando proprio decine di ostaggi furono rastrellati dai tedeschi a S. Giusto ed in altri paesi, perche due loro ufficiali erano stati catturati e feriti suI ponte del Chiusella? La minaccia era chiara: suI paese sarebbe venuta la distruzione e gli ostaggi sarebbero stati eliminati, se i due ufficiali non fossero stati ritrovati! Sulla piazza attorno aIle autoblinde, l'adunata con la forza, c'era molta gente a sentire l'ultimatum.. Ma chi doveva ritrovare gli ufficiali rapiti? Naturalmente Don Scapino. E sarebbe lungo, ed anche divertente, oggi, raccontare le peripezie di quel giomo e del seguente, su per le rampe di Prascorsano e Campiglia, corse due volte pigiando sui pedali, arrancando col fiato corto, alIa ricerca di uomini che non si sapeva se vivi o morti, alIa ricerca di partigiani che si supponeva li avessero prigionieri. Bandiera bianca o bandiera tricolore, a seconda che il posta di blocco era dell'una parte combattente o dell'altra; i colloqui e le scoperte più strane, i due ufficiali tedeschi da alcuni trovati vivi e da altri trovati morti, ed infine una specie di tratto siglato alIa mezzanotte in una caserma di Caluso. Sarebbe lungo rifare quella storia, ma fu gran festa per il paese intiero e specie per chi stava dietro le sbarre, quando, la notte successiva, Don Scapino riusci a riportare a casa, con pullman speciale rifomito di carburante dai tedeschi, la schiera dei sangiustesi, quasi muti tuttavia dopo la tremenda avventura di due giomi.
Non l'unica soddisfazione.
I parrocchiani avevano bisogno di lui anche se c'era la neve, anche se era la notte dell'Epifania '44. Veramente quella volta era partito di giorno, diretto ad Ivrea, dove alcuni giovani erano stati portati, in attesa di altra ignota destinazione. Ad Ivrea ci fu molto da fare, la neve era alta sulle strade, la notte era più alta quando ritorno. Non aveva ottenuto molto. A veva pero saputo dove quei giovani sarebbero stati trasferiti ed ebbe il tempo per manovrare e farli tornare, qualche giorno dopo, a casa.

SOLO, AL TIMONE DI FORTUNA

Tanti secoli fa, quando l'impero romano, d'occidente prima e d'oriente poi, andava sfasciandosi e si mostrava ogni giomo più incapace d'opporre una forza aIle temutissime orde barbariche, le genti che, angariate e spolpate, cercavano disperatamente un'autorita ed una difesa, non trovarono alfine che il Papa di Roma ed i suoi Vescovi. E per essere difese e govemate finirono col dargli un potere ed una sovranita. Si originò cosi il Potere temporale dei Papi, strutturatosi per la liberta e per il bisogno degli oppressi.
II periodo 43-45 fu un po' il periodo del dissolvimento delle civili potesta. Ce n'erano in verita troppe sulla carta e nel diritto, troppe e contrastanti, perche non finisse col non restarne una di fatto. Venivano gli uni e gli altri, si dichiaravano gli unici poteri con diritto d'essere obbediti, dimostravano d'essere forti fucilando per es. un povero disgraziato sulla piazza e poi se ne andavano. Restava il vuoto e la desolazione. Come su una nave alIa deriva si abbattono le onde infuriate e spazzano le murate, la plancia e il cassero e si portano via anche il timoniere. E forte, spaventosamente, il mare in burrasca, ma quando si acqueta non ci galleggiano che i rottami.
A S. Giusto, in mezzo al deserto degli altri poteri, rimase unica autorità quella del Parroco. Un'autorità che, più che a governare, fu intesa a servire, a donarsi, a sacrificarsi. Unica, perche non ce ne poteva essere un'altra, non potendovi essere un altro Padre.
Molti per lui furono salvi, per tutti egli fu la speranza. E quando egli manco, portato via dalla furia dell'insipienza e della forza brutale, parve che della speranza si spegnesse l'ultima fiammella.
A testimoniare pero in quei giomi quello che era diventato Don Scapino per i suoi parrocchiani, fu l'accorrere quotidiano dei sangiustesi d'ogni fede, voglio dire di molta o poca fede religiosa, dinanzi alIa venerata Madonna Addolorata. Rare volte la Chiesa vide tanta folIa, mai forse nei giomi feriali. Si voleva strappare la grazia, la Madonna doveva liberare il Prevosto, glie lo si chiese con insistenza e passione. Finche la Madonna ascolto.
Altre città ed altri paesi hanno concesso a Parroci e a Vescovi, per quanta operato durante la guerra e la resistenza, la cittadinanza onoraria. Non so se S. Giusto l'abbia fatto. Ma puo diventare concittadino chi si e dimostrato tanto padre?
Sono passati 15 anni. I morti sono stati pianti e suffragati. Le ferite, delle case e delle carni, sono state per lo più rimarginate. Dove c'era la polvere splende lo asfalto, dove ci fu un lutto s'e posata pietosa la cortina del tempo. Anche il campanile sbrecciato e state rimesso a nuovo. Tutto a posto. Salvo una campana, la campana "grossa", che ogni volta che il battacchio la tocca par che dica: cosi piansi quando mi ha colpita l'obice de125 aprile e cosi rimango, per ripetere ad ogni ora che batto, con la stessa voce di all ora "non dimenticate chi fu il Pastore nell'ora dei lupi".
Da 15 anni geme raucamente la campana grossa.
Dallo stesso giomo, dalla stessa ora, una lamiera doppia di cancello sta sforacchiata, con tante occhiaie vuote, che ricordano tante raffiche di mitraglia! Quel giomo, dietro quel cancello, dentro a quella casa, s'era riparata una mezza dozzina di giovanotti, braccati dai vincitori del momento. Chi erano? Non l'ha saputo Don Scapino, non l'ha voluto sapere. Li ha salvati perche non potevano salvarsi diversamente, senza badare che la loro salvezza poteva voler dire la sua condanna immediata.
A veva cominciato cosi nel settembre '43; finiva cosi nell'aprile '45.
C'e chi visse quegli anni sparando, nel nome dell'ideale, e pur fu eroe, contro i propri simili.
C'e chi Ii visse, trescando e tradendo, alIa moda della "Romagnola". A Don Scapino basto far del bene, pagando duramente, quando occorse, di persona.
Fu la sua parte in quello che dicono il "secondo risorgimento d'Italia". Una parte unica, indimenticabile, suI piccolo fronte di S. Giusto
Don Pietro Costanzo Commendatore di Strambino

Se c'era un competente a scrivere questo articolo, questo era Don Costanzo, attuale Parroco di Strambino, che in quegli anni calamitosi prestava la sua opera di Viceparroco qui a S. Giusto. Don Costanzo tomava dalla guerra, dopo aver svolta la sua opera di Tenente Cappellano degli Alpini su vari fronti e dopo aver subito la disastrosa ritirata dalla Russia, e fu a fianco di Don Scapino l'amico coraggioso e fedele che condivise con Lui molti rischi e pericoli. Abbiamo sentito molte volte dalla sua bocca questa frase: "Tomavo dalla guerra e mai immaginavo di dover ancora passare dei momenti quali ho passati a S. Giusto".
Questo serva a completare il quadro.

LA FUCILAZIONE "GRAZIATA"

Nel pomeriggio confluiscono nella piazza del paese varie colonne, anche di altri gruppi, per calare a Torino con la "Davito Giorgio". Qualcuno dice che il raduno e previsto a Caluso, c'e ancora confusione. Nel luogo del raduno vi e ancora una grossa pozza di sangue. E dove hanno crivellato, nella notte, due partigiani. I Comandanti discutono, sono d'accordo di dare finalmente una lezione: vendicarli!
Piero ha ancora con se otto tedeschi prigionieri: si decide, sono messi al muro. Sarebbe la prima volta che vengono passati per le armi dei prigionieri tedeschi. Davanti a loro, il plotone di esecuzione: molti del paese stanno assistendo.
Davanti alIa morte anche agli uomini "della razza superiore" trema il midollo dorsale. Uomini usi a "dare" quella morte con facilita, gente che sghignazzava incendiando case, impiccando, infierendo sui civili, quando tocca a loro non sono più eroi. Si buttano per terra, nel fango, vanno carponi verso gli uomini del plotone d'esecuzione con le mani giunte. Piangono, tutti, implorano, supplicano: no Kaputt; no Kaputt!
Dalla canonica spunta Don Scapino, intuisce la situazione. Prende Piero sottobraccio e gli parla, a lungo, Piero annuisce.
Ebbene, se quei figli del III Reich non se ne sono andati per altre cause, oggi ancora narreranno ai loro nipoti di un muro, un plotone schierato, con le armi puntate, che non spararono, e di un prete di campagna, in un paesino piccolo, piccolo, del Piemonte: in Italia.

NINO DEFILIPPI

A questo "prete di campagna", che visse per 36 anni a fianco dei Sangiustesi e fu per 31 il padre di tutti in qualita di Prevosto, l'Amministrazione Comunale, su proposta del Sindaco De Marchi, che gia si era fatto promotore in suo favore del conferimento dell'onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica Italiana, ha dedicato, a titolo di pubblica riconoscenza, la nuova piazza attigua all'Oratorio Festivo e al centro dell'abitato, la Quale fu testimone della sua instancabile operosita: PIAZZA DON GIOVANNI SCAPINO.

UNA PORTA FORATA DAI MITRA

Per chi non c'era o non vuole ricordare, c'e vicino alIa chiesa ed al monumento ai Caduti di S. Giusto una porta storica, un resto dell'ultimo conflitto, un cancello di lamiera di color verde all'ingresso della casa parrocchiale. Una targa metallica all'ingresso della canonica reca infatti questa scritta: "Effetto dello scontro tra partigiani e tedeschi il 25 aprile 1945".
Quello fu per S. Giusto "il giorno più lungo" della sua storia.
In quel giorno si scatena nella piazza della chiesa, sulle sue tegole, suI campanile e suI capannone, sulla casa parrocchiale, la più tremenda furia bellica che si ricordi in S. Giusto, con la partecipazione di autoblindo con mitraglie, di moschetti e di pistole, in piena notte.

 

LE TRE LAPIDI A RICORDO DEI CADUTI DELLA GUERRA DI LIBERAZIONE

Tutt'e tre lungo la strada provinciale Chivasso-Ozegna nel tratto dell'abitato denominate "VIA XXV APRILE"
Presso fa Cappella 'd Marengh:
Partigiano GRANDI MARIO trucidato barbaramente da truppe nazifasciste il 27/9/1944 II Comando VIII Divisione ValI'Orco
Presso fa casa Cantello Afdo:
Com.te BROGIOLI FRANCO
Capo Squadra GIANOTTI BERNARDO Partigiano ROSSETTI FERDINANDO Partigiano CIBRARIO MICHELE Qui combattendo alI'alba della Liberazione morirono per dar vita alIa Patria il 26/4/1945 II Comando delI'VIII Divisione V ALL'ORCO
Presso fa casa Guidetti:
In questo luogo la furia nazista nell'imminente sconfitta distruggeva la promettente e generosa giovinezza del patriota MICHELE CIBRARIO da Cuorgne 26 aprile 1945.

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Pagina aggiornata il 28/12/2023