Antiche famiglie e figure del passato

Le Famiglie Ubertalli e Gioannini, I Margherio...

Descrizione

LE FAMIGLIE UBERTALLI E GIOANNINI

Senza dubbio gli Ubertalli prima e i Gioannini poi sono tra le famiglie di maggior prestigio della nascente comunita di S. Giusto. Ad essi giustamente figurano dedicate due vie centrali dell'abitato: le due vie che, da una parte e dall'altra, guidano a quello che ancora oggi e il più bel parco verde esistente nel Comune, chiuso alla vista dei frettolosi passanti e ben protetto dalle abitazioni padronali in cui si divise il ceppo originario degli Ubertalli.
II capostipite Sebastiano nel sec. XVIII sposo Margherita Tonso di illustre casato, cugina dell'ancor più illustre Prospero Raimondo Tonso (1743-1823), ministro plenipotenziario di Re Vittorio Amedeo III presso il govemo francese. Fu proprio questo Tonso che apri trattative di pace con il generale Bonaparte, concluse prima con l'armistizio e poi con la pace di Cherasco (1796), firmata, a nome del Re, dallo stesso ministro Tonso e da Napoleone I. In seguito, quando Napoleone sali ai vertici del potere, il nostro Tonso, che ebbe sempre l'animo di sostenere coraggiosamente l'onore e i diritti del Piemonte per ristabilire al più presto il suo Re suI trono avito, venne deportato in Francia (1809). Inflessibile ad ogni minaccia, strenuo difensore della patria liberta, fu alla fine preso a ben volere dallo stesso Napoleone, e persino stimato ed apprezzato per i suoi consiglio II Bonaparte amava molto conversare con il Tonso, ritenuto uomo di grande esperienza politica e profonda dottrina; gli fece anche molti e preziosi doni in quegli anni che precedettero il declino delle armi francesi.
Rientrato in Piemonte con la restaurazione di Re Vittorio Emanuele I (1814), I'integerrimo e fedele Ministro, la cui importanza storica meriterebbe maggiore rilievo, mori ottuagenario tra il compianto generale.
Sulle orme del grande Prospero Raimondo, anche Sebastiano Ubertalli, trapiantatosi da Castelnuovo nella nostra verde "Contrada", diede ai conterranei l'onore di figli che la storia ricorda:
- Cav. Avv. Lodovico Ubertalli (1787-1867), Presidente di Corte d'Appello;
- Giacomo Ubertalli, canonico della cattedrale di Ivrea, "personaggio religiosissimo ed erudito" (Bertolotti), seppellito nella nostra Chiesa Parrocchiale;
- Maria Ubertalli, moglie di Giorgio Gioannini, inizio del ramo laterale della nuova illustre famiglia;
- Benedetta Ubertalli, nubile, ultima del ramo Ubertalli - Pietro Ubertalli, sindaco "cerusico" di S. Giusto.
Cosi si chiamavano allora i medici chirurghi.
Questo Pietro Ubertalli, che più direttamente interessa la nostra storia, 10 troviamo gia nella carica di primo cittadino fin dal 1785, e poi ancora neI 1813, in pieno regime napoleonico. Anche se tutti gli ordinamenti civili e militari erano allora di ispirazione francese, imposti dal Dominatore, e i nostri sindaci dovevano chiamarsi "maire" (come gia era toccato in sorte a "mon" Petrini Carlo nell'anno X del 24 "primaio" 1801 e al "maire" Fontana Nicolao, "cerusico", negli anni seguenti), non e pensabile che un Ubertalli, nelle cui vene scorreva il sangue di uno spirito liberale e antinapoleonico Quale il cugino Raimondo Tonso, fosse compiacente verso i dettami d'oltr'Alpe.
La bufera napoleonica era ancora nell'aria.
I fermenti di rivolta e di riscossa, presenti anche nel Canavese (Rivarolo, S. Giorgio, S. Giusto, Montalenghe gia avevano tumultuato), spingevano i giovani, specialmente coloro che per ingegno più vivamente sentivano i mali del tempo, alla ricostruzione di un periodo di tranquillita e benessere. Troppo incerta era stata la sorte del Piemonte in generale e del Canavese in particolare, dove si erano avvicendati eserciti austriaci e francesi in continua lotta di supremazia fra loro. Fra i due potenti che se ne contendevano il dominio, a fame le spese erano le popolazioni locali sempre più povere.Gli Ubertalli avevano vissuto e sofferto più degli altri, questo triste periodo di rivoluzione e involuzione storica, per il fatto stesso che, in tempi di miseria, essi, arroccati in splendide ville padronali, erano al tempo stesso i naturali difensori civici della popolazione e il bersaglio delle truppe d'occupazione.
Avevano ereditato un considerevole patrimonio da un altro grande della famiglia nato a Foglizzo, l'oratore sacro Prospero Antonio Tonso (1759-1852), provvisto di un buon gruzzolo d'oro, dopo una vita molto agiata e splendida, ricca d'onori e trionfi d'eloquenza: forse il più celebrato predicatore del tempo, stimato dalla Corte Sabauda, da papa Pio VII, Vincenzo Gioverti, e autore di sei volumi di dotte "Prediche Quaresimali" (pubblicate in Torino nel1838).
Quanti doni ricevette da principi, potenti e grandi italiani, e massimamente da Casa Savoia!
Del cugino in secondo grado, il Ministro Prospero Raimondo, conservava con la massima cura e delicatezza un servizio di provenienza giapponese regalato da Napoleone Bonaparte.
Il patrimonio passo a sua volta nelle mani della famiglia Gioannini, che e diventata la degna continuatrice e depositaria di una tradizione di personaggi che hanno in ogni tempo illustrato e onorato il paese di elezione.
Da Maria Ubertalli e Giorgio Gioannini discendono il notaio Francesco (1806-1867), il medico Sebastiano (1810-1881) e il Direttore Compartimentale delle Regie Poste Domenico; e da Angela Costantino e dal notaio Francesco discendono gli avvocati Cesare (1851-1894) e Lodovico (1885-1981); Prospero (1856-1928), padre del vivente ingegnere Enrico; il commendatore Sebastiano (1859-1926), capo sezione al Ministero delle Regie Poste, padre della ben nota ai Sangiustesi "madama Paola".
Nel cimitero di San Giusto riposano questi benemeriti della nostra piccola patria (patria e dove si vive), nelle loro tre distinte tombe di famiglia, come numi tutelari, a testimonianza di un passato splendore di potenti casati che hanno saputo vivere e condividere le nostre vicende.
L'ingegnere Enrico Gioannini sembra essere, ancora oggi, l'ultima quercia vivente di una robusta dinastia: pioniere in Africa, ardimentoso costruttore di linee ferroviarie fra le ambe etiopiche, egli conserva tutta la fierezza e l'orgoglio degli avi, lo spirito battagliero e liberale degli Ubertalli e dei Tonso.

I MARGHERIO

Tra la strada "romana" di cui parla Don Silvio Tapparo e la strada "romea" da Montanaro-Foglizzo-Cortereggio (consacrata al pascolo delle greggi migranti lungo il tracciato delle vie romane e romee nel Canavese), scopriamo a lato della "strada detta grossa" (negli atti di smembramento del Gerbo di S. Giorgio) la sede della nobile famiglia dei Conti Margherio, situata nella regione ancor oggi detta "Margheria" o della "tenuta Margheria", suI fronte occidentale dell'Ospizio e della Commenda Ruspaglie.
I Margherio, presenti ad Ivrea fra gli Arduinici, nel secolo XIV sono Conti di Camandona (Valle Mosso) con motto "Fortitudo et decor animi", citati come originari di Ivrea ed aventi la trasmissione del titolo per discendenza maschile. Verso la meta del secolo XVI, quando it contado di Camandona passa alla famiglia Marchisi, troviamo proveniente dal Gerbo un certo GIOVANNI ANTONIO MARGHERIO, come padrino di battesimo di Carlo Antonio, figlio del nobile Triverio (Atto di Battesimo, 24 marzo 1572); ed un matrimonio del Conte Giovanni Giacomo Margherio con Domenica Boggio (1573) Famiglia legata alla Casa di Savoia, lotto nelle guerre di successione al Monferrato, tanto che un Margherio Pietro venne eletto Senatore del Regno, e nel 1694 ottenne da Vittorio Amedeo II l'infeudazione, la vendita e la cessione della conte a di Castelrosso.
La conte a fu ceduta a Giovanni Pietro Margherio, Senatore e Intendente Generale di Giustizia ed Azienda, e per lui ai suoi eredi maschi e femmine ed ai suoi aventi causa: "feudo nobile, ligio, gentile, antico, avito e paterno, col mero e misto Impero, possanza del Coltello, total Giurisdizione, alta, mezzana e bassa, prima e seconda cognizione" (Storia di Castelrosso). A lui succede il fratello, Conte e nobile Giovanni Francesco, che non conserva a lungo la conte a a causa delle invasioni francesi e le pretese degli Ussari, stanziati a Torrazza.
Nello stemma loro a Castelrosso appare una torre con la scritta "Fortitudo". Furono sempre valenti cittadini del Gerbo Grande, inseriti nelle attivita civili e religiose.
L'abate Teodorico Margherio, ancora con il titolo di Camandona, fu arciprete in S. Giorgio nel 1766; console dell'Abbadia di S. Giorgio nel 1678 fu il Conte Ruggero, e Giacomo nel 1723 (Archivio di S. Giorgio).
Nel 1788 BARTOLOMEO MARGHERIO fu eletto procuratore per la separazione del Gerbo da S. Giorgio, come leggiamo nel Bertolotti ("Passeggiate nel Canavese". 1868). Lo stesso lo ritroviamo sindaco di S. Giusto negli anni 1838-1840. Si ricorda anche la Contessa Luisa Margherio, andata sposa a Bonifacio dei Valperga, eroe decorato delle guerre napoleoniche; essa e ricordata negli elenchi dei Conti di Torre Canavese e di Valperga. Oggi i Margherio sono sparsi un po' ovunque, anche in America (nel Michigan, a S. Francisco), come in Piemonte; ed onorano il popolo del Gerbo Grande con fortezza e decoro insieme, e con magnanimita, secondo il motto del loro stemma, memori del "dulce et decorum" oraziano e del dantesco "convien che di fortezza t'armi": e la fortezza dell'animo gentile.
Prof. MARGHERIO Don SILVIO Arciprete di Vico Canavese

I PETRINI

Un altro antico illustre casato sangiustese, benemerito della patria, e senza dubbio quello dei Petrini (in origine chiamato anche Petrino). Stando ai documenti dell'archivio comunale, il primo a comparire e Petrino Giovanni, sindaco nel 1785 e nel 1790. Un Petrini Domenico e sindaco di S. Giusto nel 1793.
Altri sindaci della stessa famiglia sono: ancora Petrini Giovanni nel 1796 e dal 1815 al 1819; poi, a più riprese, Petrini Carlo (1820-1821; 1830-1831; 1835-1837), e il cav. Petrini Giorgio nel 1863.
Appare evidente il contributo dato da questa famiglia alla costituzione del nuovo Comune fin dai suoi primordi; senza contare l'apporto religioso. Difatti nel 1804 il geometra Giovanni Maria Petrini eresse lungo la cosiddetta "strada grossa" (la strada provinciale Chivasso-Ozegna) una vera chiesetta in onore dell'Addolorata, in sostituzione di un'edicola fatta due anni prima, in cui da ignoti era stata bruciata la statua della Madonna. Essa divenne ben presto, per lo zelo del nipote Don Biagio Petrini (morto nel 1887, cappellano di Bonaudi, frazione di Rivarolo), un rinomato santuario.
Per contrasti tra la Compagnia dell'Addolorata che amministrava la Parrocchia ed il suddetto Cappellano, la chiesa (detta 'D MARENGH) fu interdetta nel 1879 e riaperta al culto solo nel 1965 da Mons. Mensa, vescovo di Ivrea. Bella la statua della Madonna Addolorata attorniata dai quadri di S. Giuseppe e S. Francesco d' Assisi.
La festa annuale si celebra l'ultima domenica di settembre.
Oltre i meriti civili e religiosi, vanno ricordati i meriti militari, segnalati dallo stesso Bertolotti nelle sue "Passeggiate" (Torno II, pag. 110): "Il signor Petrini Giorgio fu commissario di guerra di prima classe, decorato della croce di ufficiale dei Ss. Maurizio e Lazzaro, ed il nipote suo cav. Carlo Giuseppe Petrini fu gia maggiore di fanteria. Un altro nipote sempre del suddetto, signor Carlo Petrini, e distinto maggiore di fanteria, che fece tutte le nostre campagne d'Italia, riportandone medaglia d'argento al valore militare e la croce dei Ss. Maurizio e Lazzaro".
Il medesimo storiografo tiene a dire che i Petrini, insieme ai Gioannini, gli Ubertalli, i Bassi, i Cerruti e i Boggio, sono le famiglie principali del nostro Comune.
Ne va dimenticato il capitano di marina Lamberto Petrini (1835-1924) che, terminato il suo servizio in mare, diede alla sua residenza in Via Molino l'aspetto di un castello feudale con un'artistica ricostruzione della facciata. L'adorno di merli ghibellini e di torre rotonda, alta m. 20, dalla cui sommita poteva spaziare col cannocchiale verso le verdi distese della campagna, a conforto delle lasciate distese del mare.
Ora di Petrini ne troviamo dappertutto: a Torino, a S. Giusto, nei paesi vicini, oltre Oceano. Ma il loro ceppo e legato alla chiesetta che da loro prende il nome: la Cappella'D MARENGH o PETRINI, primo incontro per chi scende da S. Giorgio a S. Giusto.

BATTISTA TAPPARO

LA PRIMA TESSITURA MECCANICA Via Garimonda 49, S. Giusto Canavese
Nel gennaio 1923 e nata in S. Giusto una delle prime tessiture del Canavese. Di tipo artigianale, fabbricava la tela per le lenzuola. Vi accorrevano lavoratori da diversi paesi viciniori, tanti da Caluso e Rodallo, da tutta quella zona che allora coltivava molta canapa. Essi la filavano e poi portavano il filo a noi, che, con l'aggiunta di una catena di filo di lino, riuscivamo a produrre una tela molto bella per lenzuola.
Abbiamo cominciato con un telaio costruito da noi, mio padre, mio zio Minot e Notu "Sigaret". Le cose andavano molto bene. Siamo arrivati a sette telai meccanici. Una macchina per spole l'abbiamo fatta arrivare nuova dalla Germania.
Avevamo un orditoio e una rocchettiera, con una piccola officina per poter riparare le macchine. Furono assunte diverse operaie, tra le quali ricordo: Succa Petronilla abitante a Foglizzo, Boggio Mariet ("Giaculet"), Bertot Luigina, Verga Jeta, Tonso Maria, Succa Domenica. Era come una famiglia: tutti si volevano bene sul serio, non come adesso.
Poi e venuta la grande crisi del 1934, quando molti sono emigrati all'estero; tanti sangiustesi in Francia.
Se prima lavoravamo per numerosi magazzini di Ivrea e Rivarolo, poi, con la crisi, tutto si e fermato, essendo le vendite ormai ridotte al di sotto del 50%. Cosi noi siamo stati costretti a licenziare e infine a chiudere la piccola azienda, ma con la speranza di una crisi breve.
Invece nel 1940 scoppio la seconda guerra mondiale, e l'anno 1941 e stato per noi una vera catastrofe di famiglia: mio fratello Domenico e stato ucciso in guerra suI fronte greco-albanese da un suo carissimo amico, per sbaglio; dopo 6 mesi anche mio padre veniva ucciso per sbaglio da un certo Davide.
Cosi la TESSITURA TAPPARO BATTISTA e scomparsa; ma con lei non sono scomparsi i bei ricordi di chi l'ha conosciuta.
BERNARDINO TAPPARO

RINO GALLINAITO

APOSTOLO DELLA PAROLA E DELLA PENNA
Figlio autentico della nostra terra, ove tutt'oggi riposa nel sacrario gentilizio, ha lasciato ai Sangiustesi una gloriosa eredita spirituale. E' "un morto che vive", ha detto Mons. Luigi Barbero, Vescovo di Vigevano; il quale, interprete del cordoglio plebiscitario di allora, ha scritto, a testimonianza della stima e dell'affetto che circondavano questo nostro illustre con cittadino, una mirabile biografia, che pochi in S. Giusto rammentano, ma di cui presentiamo un estratto.
Pubblicata nel 1943 dalla Casa Editrice A.YE., in 164 pagine, e oggi un importante documento, che aggiunge un nuovo titolo di gloria alla nostra comunita: non una gloria d'archivio, riesumata dagli scaffali polverosi, ma una gloria immarcescibile, perche la figura di "RINO", spoglia dei contorni dell'umana fragilita, brilla nel mistero d'oltretomba d'una luce celestiale.
"Un giovane quadrato, dalla statura massiccia, faccia angolosa illuminata da due occhi limpidi, traspiranti bonaria serenita, semplicita e delicatezza squisite rivelatrici di un cuore generoso, pronto ad accendersi e a sacrificarsi", ecco Severino Gallinatto.
Il canavesano autentico che in un fisico prestante nasconde uno spirito intraprendente, lineare, risoluto, tenace, eroico. A trent'anni quando più gagliarda pulsa la vita e i progetti giovanili diventano realta, improvvisamente scompare; astro luminoso che si ec1issa allorche più vivida proietta la luce; come Pier Giorgio Frassati, di cui era ammiratore e imitatore. A trent'anni, maturo per il Cielo, con abbondanti manipoli di opere compiute con ritmo diuturno, instancabile. Questa infatti la caratteristica di Gallinatto; lavoratore infaticabile. Diciotto segretariati assorbivano e incatenavano la sua lunga giornata; lavoro multiforme a contatto coi più diversi strati sociali, dal medico primario dell'Ospedale, alla vedova senza aiuto; all'orfano di guerra, al bambino povero e abbandonato; ovunque presente, vigile, col caratteristico sorriso che tutti aiuta e tutti consola.
In questo vasto quadro unica la fiamma: il fervore dell'apostolo che si fa tutto a tutti per tutti guadagnare a Cristo. Rino Gallinatto era per Ivrea una di quelle creature che senza pretese e rumori diventano "necessarie".
II campo preferito, per, l'Azione Cattolica, i giovani di Azione Cattolica. Semplice socio prima, poi per un decennio Segretario Diocesano, compi una tal mole di lavoro, che l'Azione Cattolica Eporediese raggiunse uno dei primi posti.

MICHELE ZANNA

LONGEVITA DI UN CESTAIO
Vive a S. Giusto Michele Zanna, il più vecchio artigiano del Canavese e il più anziano del Comune.
II più vecchio artigiano di San Giusto, e forse di tutto il Canavese, ha 92 anni, legge tutte le mattine il breviario e, ogni sera, non si sente in pace con Dio - sono parole sue - se durante il giorno non ha lavorato almeno qualche ora. Questo simpaticissimo vecchietto si chiama Michele Zanna, ed e nato a San Giusto il 14 giugno 1877, ultimogenito di dodici fratelli. Ora vive con la figlia Maria Vittoria, rimasta vedova diciotto anni fa di un onesto operaio, in una casetta di Via Massimo d' Azeglio, piena di vasi di fiori e di giunchi acquistati in paese. il suo lavoro e infatti quello del cestaio, e sono ormai centinaia, forse migliaia, le ceste ed i canestri che il nonnino di San Giusto ha confezionato in tanti anni di attivita.
Di mestieri del resto ne ha fatti parecchi nella sua lunga vita, dal contadino all'operaio. Ma erano tempi duri quelli e cosi, sessant'anni or sono, il signor Zanna fu costretto ad emigrare, parti per gli Stati Uniti in cerca di fortuna, lasciando al paese la moglie e i tre figli, perche senza lavoro non avrebbe potuto sfamarli neppure con un piatto di polenta.
In America si occupo come uomo addetto ai lavori pesanti e, dopo qualche tempo, ebbe un posta migliore: fu nominato istruttore di ciechi in una fabbrica per la lavorazione dei vimini, dove si perfeziono nella sua arte.
Intanto -lo aveva raggiunto la famiglia - nacquero altri tre figli, ma le malattie ben presto visitarono la sua povera casa. Nello spazio di un lustro morirono, dopo lunghe sofferenze, tre figlioli. Le medicine costavano parecchio, e di soldi in casa ce n'era pochini pochini, pur se Maria Vittoria aveva lasciata la scuola e, appena dodicenne, si era impiegata in una fabbrica.
Con la morte dell'ultima figlia, Michele Zanna e i suoi ritornarono in Italia, a San Giusto. E trascorso oltre mezzo secolo ormai da allora, ma i ricordi sono an cora nitidi e la memoria resiste. Non solo, ma benche le mani siano deformate da una malattia, il signor Zanna continua a lavorare, ad intrecciare i vi mini con una maestria e una pazienza da far invidia ai più giovani. "Purtroppo - sospira il cestaio - oggi usano i recipienti in plastica. Saranno belli, cosi colorati, non so, ma le mie ceste sono un'altra cosa".
Come dargli torto? Sono davvero magnifiche, le sue ceste, leggere e resistenti, fanno pensare al granoturco e alla vendemmia. Gli chiediamo se non si sente stanco di lavorare come un giovanotto, e la risposta che ci da e bellissima, sembra uscire dalla bocca di un filosofo o di un poeta: "Il lavoro onesto riempie la giornata e riempie la vita".
(Dal Tirapere, 1969) Gabriella AVENATI

UMBERTO CAPPO

IL MAGO DEI CARBURATORI
A S. Giusto fu figura notissima il "Mago dei carburatori", l'artigiano Umberto Cappo, che dal 1922 ha costruito ed incessantemente perfezionato centinaia di carburatori di sua invenzione.
Ne ha creati di ogni genere: a benzina, ad alcool, a petrolio rosso, a nafta, ecc., sia per speciali esigenze di determinate vetture, sia per la trazione agricola.
Questo inventore ha finito di sperimentare, con ottimo risultato, un suo carburatore che, fra le altre caratteristiche, presenta quella, interessantissima, di avere il diffusore continuamente regolabile in marcia. il diffusore e contenuto nella camera superiore di aspirazione ed e costituito da un disco fisso ed uno girevole con un foro centrale.
Tutto attorno vi e una corona di fori che vengono portati a coincidere oppure no, variando cosi la sezione della luce di aspirazione. il disco girevole e fornito di un braccio radicale che fuoriesce da una feritoria prevista nella parete della camera.
Questo braccio viene comandato da una forcella elastica regolabile, unita al comando dell'acceleratore. Regolando la corsa di questa forcella si viene a regolare la "ripresa" del motore. Anche questa e una caratteristica nuovissima che merita di essere segnalata, poiche per mezzo della regolazione del diffusore si puo ottenere, su qualunque regime di marcia, la regolare miscela, realizzando il massimo risparmio di benzina, che negli usuali carburatori non si puo ottenere.
Questo ci e stato confermato da chi tutto oggi, in S. Giusto, beneficia dell'economicissimo carburatore "Cappo", il quale, in base al documentato esperimento, effettuato sotto la direzione del Prof. Capetti, presso l'Istituto di Macchine del Politecnico di Torino, offre indubbiamente la massima garanzia di rendimento e di perfetto funzionamento.

GIUSTO CERUTTI

IL CORRIDORE DI FRANCIA
Un esponente famoso nel mondo del ciclismo sangiustese e canavesano. Le vicende sportive che fecero parlare di lui tutto il Canavese, accaddero cinquant'anni fa.
Giusto Cerutti e nato a San Giusto Canavese nel 1903.
Primogenito di una famiglia composta da cinque fratelli, tutti appassionati di ciclismo. Mentre gli altri si accontentarono di partecipare a gare regionali, lui invece un bel giorno saluta tutti e si presenta come privatista al giro d'Italia nel 1928. I partecipanti furono 298, alI'arrivo 121, fra i quali il Cerutti che si piazzo al 28° posta nella c1assifica generale e 2° nei privatisti. Non soddisfatto ancora, nel mese di luglio dello stesso anno, in compagnia di Martinetto di Lombardore, si presento al Tour de France malgrado vi fossero nomi prestigiosi come: Binda, Brunero, Zancheri ecc... Non essendo essi professionisti, fecero parte della categoria dei "Touriste Routiers". Le partenze al giro avvenivano in modo molto strano: i primi a partire erano i professionisti, a dieci minuti i "Routiers", a dieci minuti ancora i "Touriste Routiers".
II giro ebbe un inizio felice per i nostri corridori, specialmente per il Cerutti, che si mantenne in testa alla c1assifica fino alla 7a tappa. Ma prima di Bordeaux, in seguito a una brutta caduta, fu costretto a ritirarsi per non aver trovato una ruota di ricambio. Tuttavia i giornali francesi tributarono sinceri elogi al corridore italiano con servizi e fotografie in prima pagina. Ritorno in Italia non da sconfitto, (era stata piuttosto la sfortuna a giocargli quel brutto tiro): per la popolazione di S. Giusto, era ugualmente consacrato campione, e vollero dimostrarglielo. Alle prime case del paese una gran folla era ad attenderlo; era tutta la popolazione di S. Giusto, giovani e vecchi intervenuta con il Sindaco ed i membri del Comune ad accoglierlo.
Fu un momento indimenticabile, ci furono abbracci misti ad attimi di commozione. Dal complesso bandistico, fu accompagnato al municipio e più tardi alla sua abitazione.
Siamo certi che in molti non più giovani, nel leggere quest'epica avventura sportiva, riaffiorera il ricordo di questo campione, che non solo ha onorato S. Giusto ma tutto il ciclismo canavesano.
Malgrado sia trascorso mezzo secolo, una testimonianza sportiva come lui ha dimostrato, non c'e stata più; per questo non l'hanno dimenticato, anzi e tutt'oggi vanto e orgoglio delI'intero paese di San Giusto.

ATTILIO PIRETTO

UN MEDICO CONDOTTO DI VALORE
I Sangiustesi non possono dimenticare un medico di indiscussa abilita che, dal 1934 al 1971, ha svolto la sua missione di medico condotto e ufficiale sanitaria del Comune con passione e competenza. Ufficiale degli Alpini nell'ultima guerra, il Dottor Piretto Attilio presto il suo servizio umanitario anche fra i combattenti, prima suI fronte francese, poi suI fronte albanese, ed infine, per più di due anni, nei campi di prigionia tedeschi. Fu decorato di medaglia d'argento per aver estratto suI fronte occidentale, sotto gli spari del fuoco nemico, una pallottola al soldato Carrera Giacomo di Pratiglione Canavese. Fece il partigiano con Tito in Jugoslavia e, preso prigioniero dai Tedeschi, venne deportato in Germania nel campo di concentramento di Kaisersteinbruch e poi nei "lager" a Linz, dove conobbe la fame, il giaciglio, gli occhi spauriti degli internati. Presto le sue cure, oltre agli Italiani, agli Sloveni, i quali, per riconoscenza, gli donarono un quadro con i loro disegni e la scritta: "II Capitano Medico Dott. Attilio Piretto, non solo e state il nostro medico, ma per noi un padre !"
Rientrato in Italia nel 1945, si specializzò in ostetricia e ginecologia presso l'Universita di Torino per poter estendere il campo delle sue prestazioni in un paese sempre più vasto, con le strade poco agevoli.
L'Amministrazione Comunale dovette concedergli una indennita... di bicicletta; e con questo mezzo doveva far fronte a tutte le chiamate, di giorno e di notte, a tutte le ore, anche in piena stagione invernale.
Lo spirito di cristiana carita appreso alla scuola di Don Bosco, di cui andava orgoglioso, lo spinse ad occuparsi tante volte delle carovane di zingari, a raccogliere parti nelle stalle, a far visita quotidiana ai vecchietti della Casa di Riposo, a prestare gratuita assistenza ai sacerdoti, alle suore, ai poveri, e consulenza apprezzata ai Salesiani di Foglizzo. E dona suo la bandiera dell' Associazione Ex Allievi di Don Bosco, alle cui manifestazioni e sempre state presente con il contributo della sua parola vibrante di entusiasmo. Per tanti anni oratore ufficiale nelle civili manifestazioni, si e fatto portavoce efficace degli orrori della guerra, rendendo il doveroso tributo di riconoscenza ai nostri Caduti. Nessuno come lui poteva a pieno titolo ricordarne l'eroico sacrificio sui campi di battaglia. L'aspetto fiero e battagliero e rimasto nel ricordo di tutti.

MENICO ZANOTTO

IL TUTORE DELL'ORDINE
Un tutore buono e magnanimo, cordiale e generoso, dotato di una grande carica umana e di una sconfinata fiducia nella bontà del suo prossimo.
Sono le doti che lo hanno reso caro per 22 anni di servizio, a partire da quell' 11 novembre 1950, quando il sindaco Giorgio Castellano lo chiamo, Quale ex-carabiniere, gia combattente e prigioniero di guerra in Germania, ad assumere l'incarico di Messo-Guardia. Da all ora comincia per lui una nuova milizia, quella di saper dire sempre di "si" ad ogni sindaco in carica, con la stessa prontezza e dedizione con cui accetto l'impegno la prima volta. Furono cinque i sindaci che si alternarono alla guida della cosa pubblica e che il nostro Menico servi con la tipica fedelta del carabiniere. La prerogativa dell'arma, "nei secoli fedele", divenuta per lui ormai un'indelebile impronta del carattere, non ha mai abbandonato questo concittadino, che, al servizio del Comune, ha dedicato la parte migliore della sua vita. alla grinta del duro e dell'inflessibile preferi il sorriso aperto e leale; ai modi secchi e aspri sostitui quelli bonari e amichevoli; all'applicazione di irritanti sanzioni punitive oppose l'arma dell'ammonimento preventivo. Amo considerare i concittadini animati dalla sua stessa buona volonta. Per questo egli era personalmente alieno dall'assumere atteggiamenti imperiosi, che, solo per esplicito mandato, talora fu costretto ad affrontare, si puo dire, contro natura. Fu una figura tipica del buon carattere sangiustese, che, dopo aver conosciuto gli orrori della guerra e la privazione della liberta nei campi tedeschi, seppe farsi amico di tutti, con la più grande disponibilita di servizio.

ALMA ENRICO

L'ULTIMA OSTETRICA CONDOTTA
Nel nostro non piccolo Comune scompare una figura familiare: l'ostetrica.
Con la riforma sanitaria e l'assistenza fornita alle partorienti dai vicini ospedali nei moderni reparti di maternita finisce la prestazione dell'ostetrica tradizionale. Da tempo non si registrano più nascite in Comune, ma solo trascrizioni di nascite avvenute altrove.
L'ultima ostetrica comunale, la Sig.na Alma Enrico, in servizio dal 16 novembre 1940, ha chiuso in bellezza una lunga serie di levatrici generose, rotte a tutti i sacrifici, disponibili a prestazioni a tutte l'ore, anche nel cuore della notte.
La nostra Alma, unendo alla capacita la grazia e la gentilezza, ha accompagnato alla vita forse un migliaio di nuovi concittadini: solo in S. Giusto, naturalmente; senza contare le innumerevoli assistenze prestate nei Comuni viciniori. Oltre 40 anni di encomiabile servizio a vantaggio della popolazione appartengono alla nostra storia.
Si puo dire che l'incremento della nostra cittadinanza e stato nelle sue mani; a lei e stato affidato il compito nobilissimo di portare alla luce la nuova generazione dei Sangiustesi.
Quanti di coloro che oggi hanno 40 anni pensano a quell'atto d'amore che saluto il loro ingresso alla vita, quando, allora, un odio orrendo di guerra richiedeva un più amoroso incoraggiamento alla vita? Anche allora, e soprattutto negli anni ruggenti della non dimenticata lotta civile, fra mille pericoli e rinunce che lei sola conosce, la nostra ostetrica continuo coraggiosamente la sua missione.
Nei giorni della prova, che conobbe amara (rapata a zero dalla violenza pseudo-partigiana), proprio quando essa aveva bisogno di incoraggiamento, si conquisto quella stima cresciuta con gli anni, che la rese angelo consolatore di tutti i nostri bimbi e zelante infermiera, all'occorrenza, per i nostri infermi. E quel che più desta meraviglia, in un cosi brillante stato di servizio, che pur fa parte della nostra vita, e l'energia e l'entusiasmo da essa dispiegato senza mai soste 0 diminuito impegno; anzi, l'inalterata giovialita, sfuggita all'erosione del tempo, ha fatto di lei un simbolo vivente di perenne vitalita.
L' Amministrazione Comunale le ha reso un doveroso tributo di onore e di riconoscenza in occasione del suo 25° di Condotta, conferendole la Medaglia d'Oro al merito professionale: un pubblico attestato di benemerenza in segno della soddisfazione della cittadinanza.

GIUSTO GIOANNINI

LA BENEFICIENZA DI UN DIRETTORE DIDATTICO
E deceduto nel 1984 il novantenne direttore didattico Giusto Gioannini, al termine di una lunga carriera tutta dedicata alla Scuola Elementare.
Conosciuto con il nome popolare di "Magistrin dal Brik", felice sintesi del suo esile profilo, unito alla più delicata signorilita dei modi, e della sua nativa provenienza sangiustese, egli ha iniziato il servizio di maestro elementare comunale l'11/10/1914, "proclamato eletto provvisoriamente per l'anno scolastico 1914/15 ad insegnante della terza classe maschile del Comune di S. Giusto". Dice la delibera comunale: "Il Consiglio, viste le domande presentate per concorrere alla nomina provvisoria dell'insegnamento della terza classe maschile del Comune, provvede alla nomina in conformita della legge a mezzo scheda segreta. Presenti 12, votanti 12, il signor Gioannini Giusto di Antonio ottenne voti n. 12". La nomina venne poi confermata definitivamente con la delibera consiliare del 26/911915 all'unanimita dei presenti, e nuovamente il 5/10/1917. Nello stesso 1914 venivano nominati anche i maestri supplenti, tra cui il sacerdote Don Levrio, poi richiamato e partito per il fronte nel 1916.
Anche allora l'Amministrazione Comunale aveva saputo scegliere la persona più giusta per l'educazione degli alunni elementari. il giovane maestro fece lunga strada nel campo dell'educazione. Sposo la maestra Bonomo, che fu l'insegnante apprezzata di molti sangiustesi degli anni trenta. Poi divenne direttore didattico e dovette raggiungere, prima la sede di S. Giorgio, infine quella di Torino, ove conc1use il meritorio servizio statale con il più ambito dei riconoscimenti: il conferimento della Medaglia d'Oro al merito della Pubblica Istruzione.
Ritiratosi a vita privata, non sollecito altri riconoscimenti: aveva speso una vita per l'educazione dei ragazzi. il suo ultimo pensiero fu ancora per loro, specialmente per quelli che, come lui, pur volendo studiare, non hanno i mezzi per mantenersi agli studio E in questo senso dispose le sue estreme volonta testamentarie:
"LASCIO TUTTA LA PARTE RIMANENTE DELLA MIA PROPRIETA AL COMUNE DI S. GIUSTO CANA VESE CON L'OBBLIGO DI AIUTARE I FIGLI NON ABBIENTI E HANDICAPPATI DELLE FAMIGLIE DI S. GIUSTO CON BORSE DI STUDIO A RICORDO DI MIO FIGLIO DOTT. UMBERTO GIOANNINI, DI MIA MOGLIE LUIGIA BONOMO E MIO LA GESTIONE DI TALI BENI E LASCIA TA AL SINDACO "PRO TEMPORE" DI S. GIUSTO CONGIUNTAMENTE AL PARROCO "PRO TEMPORE" DI S. GIUSTO".
Memore di quel lontano 1914 in cui l'Amministrazione del Comune nativo lo proclamo maestro, come tale volle che si perpetuasse il suo ricordo presso i posteri, per continuare ad avviare alla scuola e agli studi i figli più bisognosi della sua terra.

PERSONAGGI DEL CLERO SANGIUSTESE

TRA I DEFUNTI
Il Can. Giovanni Defilippi morto nel 1783 a 44 anni in concetto di santita. Come dice la scritta in latino della lapide accanto alla tomba in chiesa, egli fu Canonico Penitenziere della collegiata di S. Benigno durante il governo del Card. Delle Lanze.
Il Can. Giovanni Ubertalli del Capitolo della Cattedrale di Ivrea ebbe fama nel secolo scorso di "personaggio religiosissimo ed erudito" (I).
Il Can. Mons. Giacomo Boggio, nato alla cascina Miglio, e morto ad Ivrea nel 1930. Si considero sempre di S. Giusto dove i suoi si stabilirono in Via Gamogna. Genio enciclopedico, fu insigne storico di Ivrea, scienziato, poeta, pittore, pubblicista, professore in Seminario e Curato della parrocchia della Cattedrale di Ivrea (2).
Mons. Pietro Cerutti (1856-1934) ottenne che la sua cascina Goretta fosse incorporata ne11929 alla parrocchia di S. Giusto. Fu arciprete di Borgomasino e vi fondo la casa di riposo e la cassa rurale. Fu decorato della croce di Cavaliere dei S.S. Maurizio e Lazzaro (3).
Don Bartolomeo Tapparo morto a Roma nel 1900 a 72 anni. Fondò la parrocchia di Fornolosa ed il santuario di S. Anna a m.1483, su disegno dell'Ing. Camillo Boggio e con l'opera dei capimastri fratelli Manardo di S. Giusto (4). Don Lorenzo Foglia, morto nel 1859 a 50 anni, fu prevosto di Lombardore. Un suo discorso in cui dimostro che dove non c'e religione non c'e liberta, ando aIle stampe e fu applauditissimo (Cfr. Bertolotti). Don Giovanni Bassi pubblico nel secolo scorso libri sacri, come "II venerdi santo".
Don Giovan Battista Tapparo fu nel 1842 primo prevosto di Colleretto Castelnuovo.
Don Pietro Boggio, fratello di Mons. Giacomo, fu rettore di S. Lorenzo d'Ivrea e scrisse volumi di soggetto storico e catechistico; mori nel 1934.
Don Giovanni Musitelli, prevosto di Cintano, morì santamente nel 1963 a 37 anni.
Canonico Don Virgilio Boggio, teologo del Capitolo di Ivrea e insegnante di religione, morto nel 1982 a 63 anni.
Oltre ai tanti parroci, ricordiamo anche qualche missionario come Padre Mario Nigra in Messico nel 1929 e Don Giacomo Gioannini in Uruguai dal 1881 al 1930. Non va dimenticata qualche figura dei sacerdoti maestri, come Don Martino Pugno morto nel 1926, Don Giacomo Giulio, e Don Pietro Pescatore morto nel 1924. Neva omessa la figura del giovane chierico Serazio Virginio, novizio salesiano, morto in concetto di santita nel 1936.

(1) Cfr. Bertolotti, tomo II, pag. 111.
(2) Cfr. "Gli ultimi saluti". Ivrea gli ha di recente dedicato una via.
(3) Cfr. L. Barbero in "Borgomasino", pag. 176.
(4) Cfr. C. Boggio in "Le chiese del Canavese", pag. 124.

PASTORI DELLA CHIESA SANGIUSTESE

Dopo i Cappellani aIle dirette dipendenze deIl'arciprete di S. Giorgio, tra i quali ricordiamo il maestro Don Regis, Don Rolla e poi Don Ignazio Zanna incaricato ad Economo nel 1746-47, si susseguirono 4 Vicari perpetui:
- Don Bartolomeo Cantelli, eletto il 4 agosto 1747, morto il 4 maggio 1752 a 34 anni;
- Don Ludovico Ubertalli, eletto il 29 giugno 1752, morto il 14 maggio 1764 a 44 anni;
- Don Bartolomeo Fiorina, eletto il 2 settembre 1764, rinuncio il 2 settembre 1781 e mori il 5 settembre 1795 a 65 anni;
- Don Domenico Actis, eletto il 2 settembre 1781, morì il 5 aprile 1803 a 59 anni.
I PREVOSTI
- Don Lorenzo Fiorina che prese possesso il 26 novembre 1803 e morì il 12 novembre 1816 a 61 anni; fu professore in Seminario e vice-Cancelli ere di curia;
- Don Carlo Domenico Tapparo succede nell'aprile 1817 dalla parrocchia di Front e muore il 20 giugno a 50 anni;
- Don Giovanni Domenico Giovannini prende possesso nel gennaio 1820 e muore il 26 aprile 1838 a 56 anni;
- Don Giuseppe Bona da Strambino regge la parrocchia per ben 45 anni e muore il 3 febbraio 1883 a 75 anni;
- Don Antonio Borgra da Villareggia succede neIl'agosto 1883 e muore il 25 agosto 1896 a 51 anni;
- Don Pietro Leydi d'Ivrea viene nel marzo 1897 e muore il 6 settembre 1906 a 42 anni;
- Don Giuseppe Scotti di Caravino succede neIl'aprile 1909 e muore il 6 aprile 1939 a 66 anni;
- Don Giovanni Scapino di Caluso prese possesso il 12 dicembre 1939 e ci lascio il 30 settembre 1970 a 58 anni;
- Don Piero Gremo di Lombardore, venuto tra noi il 13 dicembre 1970, e l'attuale Prevosto, che ha gia realizzato importanti opere, come la ristrutturazione e l'ampliamento della Casa di Riposo.
Tale elenco di nomi e di date e importante nella storia di S. Giusto. Ad essi infatti sono legati ricordi ed opere di bene. Non solo riconosciamo il merito lor specifico della cura delle anime, ma anche l'ispirazione e l'animazione di molte realizzazioni storiche di S. Giusto.

PERSONAGGI IN TUTTI I CAMPI

In campo scientifico il Dott. Cav. Giuseppe Cerutti pubblico nella spazio di 10 anni tra il 1857 e 1867 sei opere importanti per guarire la sordita.
Ricordiamo poi l'Ing. Armando Conto morto nel 1964 a 61 anni; egli costrui la prima autoradio di Chicago e il primo telefono-televisivo con la prima stazione televisiva del Canada.
In campo musicale, ricordiamo l'organista e maestro della banda Giovanni Zucca, che compose tra l'altro una marcia funebre suonata per la sua sepoltura avvenuta nel 1934.
La banda musicale, sorta nel 1891 in parrocchia per opera del maestro Giovanni Zucca, suonava pure in chiesa nell'orchestra, eretta nel 1823 con il piccolo organa di prima. Con le nuove norme liturgiche e in occasione dell'inaugurazione del grandioso attuale organo a canne della ditta Squarcina Bassiano di Torino avvenuta il 20 ottobre 1901, come si legge su una apposita lapide, il prevosto Don Scotti vieto, non senza dispiaceri, il suono della banda in chiesa.
Un accenno alle famiglie nobili che pure ci furono in S. Giusto. Famiglie altolocate sposarono nobildonne, come i Margherio, i Gioannini, i Trotti, i Bassi, ecc. Tali "signori" diedero personalita illustri nei pubblici uffici; ad eS.l'Avv. Giuseppe Bassi (1803-1882) fu pretore di Caluso, il Cav. Avv. Prospero Gioannini (1856-1928) fu viceprefetto di Torino, il Comm. Sebastiano Gioannini (1839-1926) fu capo-sezione al ministero delle Regie Poste.
Nelle opere di bene si distinse il Cav. Cesare Bassi, che nel 1882 salvò braccianti e minatori colpiti dall'epidemia al traforo del Gottardo; Marco Celestino fu Francesco, che nel 1930 ricevette il premio Servais per aver salvato da morte certa Nigra Francesco impigliato tra i fili elettrici ad alta tensione.
Come sarebbe edificante "una vita" di Defilippi Antonio (Minela) morto nel 1961: campanaro, saere stano, portalettere, consigliere di tante famiglie, benefattore e santo dei nostri tempi per l'austerita della vita (Cfr. Bollettino Parrocchiale del gennaio 1962).
E dovremmo ricordare tutti i nomi dei Caduti per la Patria, immortalati nelle lapidi davanti al municipio, tutti i nomi dei vari Combattenti, di cui un centinaio ottenne il tardivo riconoscimento dell'Ordine di Vittorio Veneto, tutti i nomi dei vari Cavalieri della repubblica e dellavoro, tutti i nomi dei vari Amministratori della cosa pubblica: oltre i Sindaci, anche gli Assessori, i Consiglieri Comunali, che, in ogni tempo, hanno contribuito al benessere della cittadinanza.

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Pagina aggiornata il 28/12/2023